martedì 18 dicembre 2018

Il grande ritorno dell'inestimabile Lacetti

(il grande ritorno dell'inestimabile Lacetti)

Riassunto delle puntate precedenti: clicca qui



Mi sembra di essermi perso.
Mi sono tradito.

Mi bruciava l'intestino, sotto quel whisky basso costo degli autogrill della Boemia. Avrei dovuto fermarmi e ordinare dieci galloni di acqua, ma se c'era una cosa che avevo imparato della Cecoslovacchia, era che di rubinetti e taxisti c'era sempre da dubitare.
Meglio una birra da 75, o addirittura una bottigliazza di plastica da lasciare a metà, con la birra che si sgasava e scaldava al solo contatto con l'aria. Nonostante fossimo già a tiro dello zero termico.
La batteria della Chevy Lacetti avrebbe sputato l'anima per farmi ripartire, e dire che aveva ancora da affrontare un altro inverno.
Avevo voglia di dare fuoco alla mia piccola e non rivederla mai più, ma non c'erano tanti altri cavalli e cavalle nelle vicinanze.
Il cane grosso era libero, e gli uomini di Scatafano non mi avrebbero permesso di avvicinarmi più di tanto. Il Sud Italia mi era vietato.
"Sotto Roma, meglio andarci accompagnato da Taffo" mi diceva sempre Jenny. Che poi non ho mai capito perché fosse un uomo e si chiamasse Jenny. "Fatti i cazzi tuoi."
E quindi non gli ho mai chiesto chi fosse Taffo.
Ma mi pare di capire fosse uno che era meglio non frequentare.

Mi serviva un motel, non potevo dormire in macchina non tutto quel freddo.
Trovai qualcosa dalle stanze che puzzano di chiuso, qualcosa che pareva abbastanza pulito, e senza cimici, o altre insetti e tecnologie derivate.
Il posto ideale per una doccia calda e buttarmi sul letto.


Non avrei mai raggiunto Scatafano, da solo. Avevo bisogno dell'aiuto di qualcuno. E io sapevo chi.


Stava tutto a me, decidere se avrei fatto partire quella chiamata. Dipendeva solo da me.


venerdì 23 novembre 2018

Stanno tornando i Giardini di Mirò e ho molta paura.


C'è stato un tempo, nell'epoca dell'indie che ho vissuto prevalentemente da spettatore marginale, in cui quasi sembrava che potessimo fare qualcosa nel mondo.
Noi ascoltatori, le band, il movimento (quale?), i movimenti (quali?), e tutto quanto... come se potessimo cancellare il berlusconismo, e riprendere in mano tutto. Quando guardavamo "Vieni via con me" con Fazio e Saviano (io no però), quando facevamo i V-day e le manifestazioni del popolo viola (no nemmeno queste cose), quando ascoltavamo album bellissimi e riempivamo le arene, le piazze, i locali...
...e c'erano i Giardini di Mirò.
Con il loro post-rock, italiano ma cantato in inglese, con brani lunghissimi, con code eterne, a volte brani strumentali, ascoltati da molti o da pochi ma stimati da tutti.
Nel 2012 "Good Luck", poi nel 2014 una colonna sonora per un film muto (e non era la prima) e poi il silenzio.
...ma visto che nel 2014 "Rapsodia satanica" era una colonna sonora per un film muto... era un album senza cantato: quindi il silenzio di parole durava da 6 anni.
Nel 2012 l'indie italiano c'era ancora.
Per parlare di questo, dovrei definire l'indie, e definire l'indie italiano.
Aprirei decine e decine di parentesi.
Forse posso semplicemente dire che l'indie italiano è morto a maggio 2016, quando è uscito Oroscopo di Calcutta.
Ma anche prima non se la passava troppo bene, forse.

Hai presente quando ti sembra che tornino quelle cose di quando eri giovane, o un po' più giovane, ma non sei più quello di allora, e le cose ti sembra che non abbiano più senso fatte adesso?
Una specie di teatrino fuori tempo ed imbarazzante.
Nella canzone "Bagliore" degli Spartiti (scritta e recitata da Max Collini e musicata da Jukka Reverberi dei Giardini di Mirò, guardacaso) si racconta di un amore estivo, che arrivato all'autunno, diventa "una di quelle cose che hanno senso solo nell'attimo in cui accadono".


E certe cose, anche se durano anni, probabilmente finiscono di avere senso.
Ripenso a tante persone di quegli anni, quello che hanno detto e fatto, e quello che stanno facendo ora. Chi ha fatto famiglie, figli, carriere, viaggi... chi è rimasto, chi si è trasferito... ma quanti in questi anni ci hanno deluso, o tradito?
Com'è possibile che siamo finiti qui con la Lega e i Cinque Stelle? Con questi memacci su facebook e instagram? Con tutta la robazza che passa su Indie Italia di Spotify, con gli ultimi album di Calcutta e dei Thegiornalisti? Com'è possibile che gli Amari fossero sulla bocca di tutti e ora non ne parli più nessuno?
Possibile che tutta questa roba sia finita solamente sull'account Instagram del Nonno Indie, epitaffio virtuale di quello che fu?

Tornano i Giardini di Mirò - e tutto il resto non tornerà.
E mi fa paura, perché io sento come loro, e non so come fare a tornare, ma soprattutto, a restare, quando tutto scompare.


P.S. non fosse chiaro, e forse non lo è, a me questi due nuovi singoli piacciono veramente molto.

mercoledì 17 ottobre 2018

Le canzoni delle estati

Ex-Otago nel 2011, con Pernazza, in versione estiva

E' da un po' che non scrivo, da prima dell'estate: e ora l'estate è finita. Certo, da calendario finisce il 21 settembre, ma in realtà, da queste parti, l'estate è sempre finita a inizio settembre, quando passano la Festa dei Giovani di Pieve, la Fiera di Cento, si fa l'asta del fantacalcio, riaprono le scuole, si tornano a dare gli esami all'università o riprende a studiare (o nessuna delle due, ma comunque lo fanno i tuoi amici) e gli uffici e aziende tornano nel pieno della loro fase produttiva.
Ne ho parlato un po' qui, qualche anno fa.

Quindi, volutamente e ostinatamente e forzatamente in ritardo, oggi vi racconterò i miei pezzi dell'estate. Di tutte le estati. I più rappresentativi, o forse no, in una sorta di top ten, che in realtà è solo un pretesto per elencarli, non c'è veramente una classifica. Forse ne sono restati fuori tanti.


10) Lo Stato Sociale - Vado al mare
(estate 2012)


Non vorrei mettermi a parlare del mio complicato rapporto con Lo Stato Sociale, perché non gliene frega niente a nessuno (né tantomeno allo Stato Sociale, e colgo l'occasione per salutare Checco se mai erroneamente finisse su questa pagina).
Avevo cominciato l'estate a Londra, e avevo consumato "Turisti della democrazia" sul mio iPod. ("consumare i dischi" è un bellissimo modo di dire che però ormai torna buono solo per i vinili, ma ormai se compri i vinili con quello che costano ci stai attentissimo, altro che consumarli).
Comunque questa è la tipica canzone spensierata dello Stato Sociale, condita da quel velo di ironia pungente e arguzia hipster... un pezzo semplice ma riuscito, a mio avviso: ed è forse questa spontaneità e leggerezza che hanno un po' perso, nelle ultime canzoni.
Comunque poi sono tornato in Italia, e continuavo ad ascoltare questo pezzo.
Comunque lei non c'era, e io andavo al mare. Lei non c'era, e io scrivevo bene. Lei non c'era, e avevo qualcosa a cui pensare. Lei non c'era. Avrei voluto che tornasse - e in effetti sarebbe poi ritornata - ma in realtà, forse il senso di quello che rappresenta questo pezzo è una serena e spensierata convivenza estiva con l'assenza, se non altro quella fisica.



9) David Guetta feat. Akon - Sexy Bitch
(estate 2009)



Non lo so se fosse per una certa insoddisfazione della mia vita in generale, o forse per una certa insoddisfazione tipica dei vent'anni, ma cos'hanno poi di tipico i vent'anni? So solo che questo pezzo era la mia estate degli altri, e poi è diventato, negli anni a venire, l'estate mia. Perché forse, anche quando c'ho provato, il totale disimpegno non mi è mai appartenuto, nel bene e nel male.
Alla fine, cosa resta? Resta un pezzone incredibile, forse uno dei più potenti di David Guetta, uno di quelli che quando parte mani al cielo e violenza nel dancefloor, oggi come ieri... bagni di Marina di Ravenna, sabbia nelle scarpe, vodka redbull che sono diventati cumuli di ghiaccio, e su_le_mani.
P.S. la versione del video fu censurata in "Sexy Chick", che una decina di anni fa ancora dire Bitch non stava bene.

8) Raphael Gualazzi - L'estate di John Wayne
(estate 2016)


Questa l'ho scoperta due anni fa, su Radio 2, a estate ormai finita... ma comunque ha finito per rappresentare bene la vacanza che avevo fatto poche settimane prima, tra i balcani e la Croazia.
Questo testo scritto e cantato alla Battiato, mi ha ricordato quando ci siamo spostati da Lubiana a Sarajevo, ascoltando appunto il buon Maestro... e chiedendoci cosa mai ci fosse di divertente nel raccogliere ortiche, o di quanto potesse essere irriverente il preferire l'insalata a Beethoven e Sinatra.
Comunque, al di là questo, il ritornello mi piace perché non è il solito inno al divertimento estivo senza pensare al domani: certo, c'è da divertirsi fino al mattino, ma poi c'è questo sole "da portare a casa", seppure a pezzi.
E anche se all'epoca non avevo poi in realtà nessuno a cui portare niente, questa idea mi piaceva, perché comunque a 32 anni al fatto di portare a casa qualcosa, anche fosse solo la tua pelle, ci pensi.


7) Piotta - La Grande Onda
(estate 2002)


Sono parecchi i brani che mi riportano alla mente tanti estate della mia giovinezza/gioventù/passato, ma li ho quasi tutti esclusi. Vuoi perché non mi sembrano pezzi estivi, mi sembrano solamente canzoni che associo all'estate perché erano lì in quel momento, perché erano passati in TV o per radio in quei precisi mesi.
Vale la stessa cosa anche per questo pezzo di Piotta (di certo non uno dei suoi migliori) ma mi ricorda la nostra prima vacanza al mare, con gli amici, al Lido degli Estensi, nel luglio 2002.
Di surfing surfing non avevamo proprio un cazzo, tendenzialmente ci facevamo delle paste al sugo, dei wurstel, scatoloni di Moretti da 66, giocavamo a calcio e a beach volley in spiaggia, e via così.
Ho comprato una maglia tarocca del Barcellona, di Litmanen. Ce l'ho ancora.
Riponevo speranza nel futuro. Di quella ne ho meno. Ma ne ho ancora.
E niente, fu una di quelle vacanza che "comunque vada è già un successo". Ed è un bel ricordo.


6) Neffa - Aspettando il sole
(estate 1996)



Avevo dodici anni, per me l'estate era giocare a calcio con gli amici o i cugini, e nelle ore più calde rintanarmi a giocare sul 386. Questo pezzone (il debutto solista di Neffa, dopo l'esperienza con i Sangue Misto) passava sulla neonata TMC2 (ex Videomusic) che ascoltava mio fratello, davanti al Grundig con tubo catodico che dal 1982 trasmetteva imperterrito.
Essendo estate in realtà il sole non c'era da aspettarlo, era quasi sempre già fuori dalla finestra a spaccare le pietre, in contrapposizione con il beat crepuscolare e le sonorità malinconiche del pezzo.
Non so bene se il pezzo riguardi esattamente la depressione, o una sua forma minore, magari semplicemente di solitudine, o una mancanza di affetto... a 12 anni non percepivo tutto questo. O meglio: non lo percepivo nelle canzoni, non ero in grado di leggerne le metafore.
E ora a me questo pezzo, che in fondo un pezzo estivo non sarebbe, continua a ricordare l'estate, quando fuori il sole brucia e tu dovresti essere a vivere l'estate come se tu fossi nella California dei film anni '90, e invece sei chiuso in casa con le tapparelle basse, e anche se hai deciso di alzarle perché hai il condizionatore e fregasega del sole che picchia sui vetri... il sole ti picchia addosso, dentro, e forse il sole che cerchi non è quello che c'è fuori, e alla fine, anche tu ogni tanto sei lì ad aspettare il sole.


5) Friendly Fires - Jump in the pool
(estate 2009)


Eh ecco, mica erano tutte italiane. Questa non mi ricordo come l'ho scoperta, forse sulla Panda di Saccolo, forse avevo scoperto i Friendly Fires da qualche nastrone notturno su MTV, orfana di Brand:New... boh?
Sta di fatto che arrivò nel mio iTunes l'omonimo primo album di questi inglesacci di St. Albans. Questo sulla carta dovrebbe essere un pezzo stile "nessun rimpianto - nessun rimorso" che, a differenza dello stile passivo-aggressivo di Pezzali (che poi sappiamo essere quasi più un dirselo a sé stessi) qui lascia spazio ad una malinconia di fondo, del tipo "cosa sarebbe successo se..." come nelle migliori puntate de Il Bivio condotte da Enrico Ruggeri.
...ma poi alla fine chissenefrega? Alla fine un po' questo pezzo mi ricordo quelle immense piscine metaforiche dei vent'anni, dove tutto può succedere, e dove non succede niente, forse perché il primo a non buttarmi ero sempre e solo io.
Comunque, mi sono divertito anche da bordo vasca, in un certo senso, e come i Friendly Fires, posso dire che quel rimpianto si colma, per un attimo alla volta, come l'acqua della piscina che è più bassa del bordo, eppure ciaffete!, esce fuori, in quel mistero che è sempre stata la fisica, per me ignorante.
Che poesia.
Per uno come me a cui l'acqua, in fondo, non è mai piaciuta.


4) The Killers - Smile like you mean it
(estate 2007)



Avevo 23 anni e andavo spesso al mare con la mia morosa, ascoltavo i The Killers e mi piaceva molto questo pezzo di Sam's Town (che era uscito l'anno prima, ok, ma in autunno).
Cosa dire? Niente, copincollo una cosa che trovato su songmeanings.com che mi sento di sposare pienamente:
"According to an inteview with Brandon Flowers (the lead singer/song writer) it's about looking back and smiling and accepting the choices that you made. And even though there were bad and hard times you get through them and eventully can smile again even if the pain is still there. It's not NOT about a relationship. He was really specific about that."


3) Ex-Otago - Giorni Vacanzieri (Fare Soldi CCVAALIHH rmx)
(estate 2007)


La mia proverbiale memoria fa un po' cilecca, e onestamente, anche se questo pezzo era uscito nel 2007, sono qui a chiedermi se sia stato pezzo della mia estate quell'anno o il successivo.
O forse semplicemente entrambe.
Tralasciamo la genialità del video de I Ragazzi della Prateria, che vanno a ritroso citando Vacanze di Natale '83, associando la vacanza invernale ad un pezzo estivo, che meriterebbe un post a parte per la sua bellezza.
Qui resta un capolavoro di sonorità e atmosfere, tra lo scanzonato e il malinconico, brillantemente remixato dai Fare Soldi, e ricoperto di ironia contro le vacanze estive dei giovani (veri o finti), delle coppie, delle coppie giovani, dove l'importante è il mostrare divertimento e generare un bell'album di 100 foto da mettere su Facebook... mentre noi siamo quelli tristi, a casa, in vacanza, o semplicemente in vacanza a casa.
Pernazza (che fa rima con Lavazza) è ancora a rappare, regalando perle che entreranno nel linguaggio parlato mio e dei miei amici, per le successive estati, fino ad oggi.
Tipo quella volta che nell'estate 2008 aggiunsi Pernazza su Myspace e gli dissi "Ciao! Lo sai che abbiamo passato tutto il nostro interrail ascoltando Giorni Vacanzieri? Colonna sonora ufficiale!"
Lui mi risposte "Wow, dev'essere stata una bellissima vacanza".



2) Luca Carboni - Mare Mare
(estate 1992)


Qui scomodo una pietra miliare. Ok, quando uscì avevo 8 anni, e a ora a distanza di anni rimpiango di come potessi passare in mezzo a tutta quella malinconia, uscendone indenne.
Apparentemente, indenne.
Ora, a distanza di anni, sto pagando tutto con gli interessi.
Perché Mare Mare è questo... il mare triste, il mare struggente, il caldo insopportabile, l'estate degli altri, l'estate che c'è ma non c'è, cameriere un altro caffè, le ragazze sghignazzano, io volevo andare al mare a scopare, ho anche fatto il pieno nella moto, e te neanche ci sei, e mi scende l'amarezza che cosa ci vado da solo a provare a caso con una, non ho neanche l'energia per tornare a casa.
E sono triste triste triste triste.
Se penso all'estate in Italia negli anni '90, penso a questo... anche se in fondo è un evergreen.
Questo pezzo è un calcio alla bocca dello stomaco, ma di quelli da film, di quelle sconfitte tremendamente violente, da risultare belle.
Il mare, ma quello triste.


1) Ex-Otago - The rythm of the night
(estate 2008)



Nel 2008, in quella primissima epoca indie che in fu in Italia quello che fu il brit-pop in UK a metà anni 90 (ma per pochi) (vedasi il nonno_indie su Instagram), uscì una compilation bomba ad opera de La Valigetta Dischi.
L'idea alla base di questa compilation era molto semplice e al tempo stesso molto efficace: fare cover di vecchi successi dance. Titolo minimale e ammiccante al mondo indie: Post-Remixes vol. 1

L'idea come detto non era niente di rivoluzionario, eppure non ci hanno provato in tanti, e ci sono riusciti ancora meno (vedi lo stesso Vol. 2 uscito nel 2015, che non ha cover alla stessa altezza di questa prima uscita).
L'idea che poi è la stessa sulla quale è nata la festa revival Dance Mania Party, di cui sono fondatore ideatore selecter vocalist ecc... ovvero: ci sono tante canzoni dance che sono davvero belle, anche se arrangiate in maniera zarra, e comunque abbiamo tutti tanta nostalgia di quegli anni lì, dove le canzoni da ballare imperavano.
Perché l'house non è da ballare, perché la musica indie a volte è da ballare ma non la mettono su nelle discoteche.

Gli Ex-Otago, con ancora Pernazza, calano l'asso e si prendono la briga di restaurare la famosissima Rythm Of The Night di Corona, ancor prima dei Bastille e degli eterni remix che ritornano e ritorneranno ad ogni estate.
Ci aggiungiamo un video stile "sapore di sale" (sempre ad opera de I Ragazzi della Pratera, che vanno quasi a scrivere un "prequel" di Giorni Vacanzieri dell'estate precedente), e l'opera di nostalmagia è fatta.
Forse nel 2008 avevo ancora veramente poco di cui essere nostalgico o forse c'era già qualcosa, fosse anche solo di pochi anni prima, ma questa versione, che suona sempre come se fosse l'ora del tramonto e l'ora del secondo spritz a stomaco vuoto in spiaggia (e ho anche praticamente smesso di bere spritz), riesce sempre a lasciarmi lì, tra il bagnasciuga e il mare, tra la strada e le stelle, tra il treno e la piattaforma.
Ero lì e allora. Ora e allora. Come ci fosse un filo logico che parte dal 1994, passasse per il 2008 e arrivasse ad oggi.
Come se potessi fare tutto, e in quel momento, già mi accorgessi che per fare tutto bisogna fare qualcosa, e fare qualcosa, è solo qualcosa, e già non è più tutto.
(ma questo purtroppo non l'ho capito nell'estate 2008, ci ho messo qualche mese in più. ma questa è un'altra storia. e non è che detto che non venga raccontata, prima o poi.)



*** Menzione Speciale - Fuori Concorso ***

Cranio Randagio - Estate (e sto qua)


Questo pezzo in realtà è uscito il 23 agosto 2016, ma io l'ho scoperto solo qualche mese dopo, quando il povero Cranio Randagio è morto.
Forse questo è il pezzo estivo per eccellenza, o perlomeno, quello che sento più vicino a me. E infatti, l'ho scoperto a novembre.

Rievocare i brani dell'estate diventa per forza una rassegna di malinconia, in un modo o nell'altro, e così è stato.
Io e l'estate forse non saremo mai migliori amici, ma continueremo a frequentarci e a passare delle belle vacanze.

lunedì 11 giugno 2018

Dieci, cento, mille... random facts about Cento.


1 giugno 2000, Cento
Sono in Piazza Guercino, sotto al portico del bar Uno Più, insieme a mezza Cento, a guardare Ovito Scafati - Baltur Cento, finale playoff di B, valevole per la Serie A2 di basket.
Io ho 16 anni, indosso una polo rossa, non griffata Benedetto XIV... intorno a me qualche maglia dei tifosi (la vecchia Fossa dei Leoni biancorossa), ma più che altro gente in borghese... in serie B non va ancora molto il merchandising e la vendita di abbigliamento griffato, ed è troppo caldo per le sciarpe.

Il Comune di Cento ha allestito un maxischermo in cui viene proiettata la partita, trasmessa da Rai Sport... siamo a pochi secondi dalla fine e stiamo vincendo di tre.
I secondi passano... il cronometro sta per segnare zero no? Abbiamo vinto, no? Adesso uno tira ma va fuori, no?
No.
Rossi, numero 8 di Scafati, mette una tripla. Parità. Supplementari.
Ma come ti riprendi da una botta così? Sei a pochi decimi di secondo dalla A2. E bum, ti si allontana, così.
E ovviamente ai supplementari abbiamo perso.

E dire che i ragazzi si erano ossigenati i capelli come andava di moda all'epoca, come avevano fatto anche i calciatori della Romania, per esultare per essere nei playoff invece che nei playout.
E invece, da numero 8 avevamo buttato fuori gli storici rivali di Ferrara, che arrivò prima nella regular season, vincendo a casa loro, con una bomba di Carchia a due secondi dalla fine. Che notte quella notte.
Dopo un cammino così, da outsider, devi andare su.
Addirittura un pullman di 51 impavidi era andato fino a Scafati. Scafati è in là, eh... poi con i pullman che si sceglieva la Fossa...

...insomma, era una favola, a cui all'ultimo secondo è mancato il lieto fine.
"Se non è successo quest'anno, non succede più..." mormoravano i vecchi in piazza, tra una bestemmia e l'altra.

Da 00'22" , l'azione che ci ha tolto l'A2.


Quando ripenso a quel giorno, di solito mi viene da pensare a tutto quello che c'è stato dopo... ma oggi mi viene da pensare anche a tutte quelle cose che ci sono stati prima.
Si, si parte ovviamente da Mons. Baviera e dall'oratorio di San Biagio... da sempre acerrima "nemica di campanile", per me che sono penzalino, ma a cui va dato questo merito. E anche dall'altrettanto indimenticato Don Bruno.
E poi ci hanno già fatto un libro sui 54 anni che ci dividono dal 1964 e dalla fondazione della Benedetto XIV, quindi non ha senso andare ad aprirlo per leggere tutti i nomi.
(Ma lo farò lo stesso per evitare di fare errori ed essere poi corretto e cazziato da Maretti, come se fosse Antani, per due).

La mia storia con la Benedetto comincia prima che io nascessi,  praticamente fin dall'inizio, perché mio padre l'ha seguita da sempre... come tifoso, collaboratore, bigliettaio, e... manovale, quando nell'81 c'era da ristrutturare in fretta e furia la Palestra della Giovannina perché la palestra delle medie non era pronta per la serie C.
(Mi ricorda qualcosa... la storia si ripete.)
(La Palestra della Giovannina è più o meno la stessa dal 1981).
E insomma, non ricordo la prima volta che andai al Palazzetto, ma i primi ricordi sono di me da bimbo che scorrazzavo per il bordo campo insieme ai figli degli altri tifosi genitori... esattamente come accade ancora oggi.

I primi ricordi che ho sono quelli di Pol Bodetto, che per me era una cosa mitologica, al pari di un Roby Baggio... e della prima promozione in B, che poi era B2, ma B2 è B, no? (Anche questo mi ricorda qualcosa... qualcosA.)
La società regalò come gadget il portachiavi rettangolare smussato biancorosso tagliato a metà, che se lo giravi... diventava un cuore. Un cuore biancorosso.
Poi ce ne sono stati tanti, di giocatori. Da Bobicchio fino a Di Monte, passando da Carchia e Masieri (entrambi miei vicini di casa... potrei raccontare tanti aneddoti sul cane di Carchia e su come parcheggiava Masieri, ma sono cose che serbo morbosamente nel mio cuore), Moffa e Binelli... ma anche Rorato, Binetti, Beghelli... o gente come Raggi, Bossi, o i fratelli Bretta, Frenchu Malaguti... ognuno di quelli che è entrato in campo, anche se per pochi secondi, fa parte di una squadra, e di una storia.

Quindi penso anche al 2011, quando ero ancora a Londra, e qualcuno si mise in testa di rimettere in piedi tutta questa baracca. Allora c'era un certo Michele Manni, e c'è anche oggi. Perché non ci sono solo quelli in campo... a metttere il loro mattoncino, ci sono anche quelli fuori dal parquet.
(Anche se Manni tecnicamente è spesso sopra il parquet, seppur seduto.)
Tutti i volontari a vario titolo, tutti i collaboratori, tutti quelli che molte volte gratuitamente, hanno dato qualcosa, per questa squadra.
Io e mio fratello abbiamo giocato nelle giovanili (in realtà io mi sono fermato con risultati scarsissimi al mini-basket), per poi diventare collaboratori... mio nipote si è dedicato al baby-basket, per un po'. E sono già tre generazioni... come la mia famiglia ce ne sono tante altre, a Cento, che hanno un sangue biancorosso.

Ci sono poi i tifosi, quelli come mio fratello e tanti altri... come diceva Maretti, quelli che si sono sempre fatti un sacco di trasferte lontanissimo, in palasport che più che altro erano palestre con tribune, in posti dove i piccioni cagavano dentro (tutto vero), trasferte "inutili" che non contavano nulla per la classifica, ma se le sono fatte... in pullman, in auto, in aereo, anche migliaia di chilometri in giornata... mentre morose, mogli, amici, colleghi erano dietro a chiedere "ma chi te lo fa fare?".
(Uh, anche morosi, mariti, amiche, colleghe... c'è anche una bella quota rosa, in curva).
Ma loro, c'erano.
Io non ci sono sempre stato, ho avuto le mie fasi, diciamo, legate ad età, impegni, lavori... e anche spostamenti. Ma l'ho sempre seguita. Anche quando ero a Londra, e dopo il terremoto, siamo saliti dalla C alla B.
C'ero a mio modo, se vogliamo dirla così.

Sabato, a Montecatini non erano i 10 (che poi ormai sono diventati 12) del referto.
Non era 100, intesa come città.
Non erano i 1000 e più tifosi.
Era un'onda lunga, di decine di migliaia di persone... e tante non ci sono nemmeno più. Se credi nel paradiso, o nell'inferno, puoi immaginartele lì, a sporgersi dalla balaustra di nuvole dal terzo anello del PalaTerme, a cantare, battere le mani, lanciare fulmini agli arbitri e applaudire i giocatori... non so, a me piace pensare a Zimmer che guarda il presidente Gianni Fava, mentre circondato dai giocatori festanti, batte le mani al ritmo di "E ieri sera" (!!!) ... chi l'avrebbe mai detto?

9 giugno 2018, Cento
Ci sono voluti 18 anni, ora ne ho 34... e sono seduto nello stesso portico di diciotto anni fa, sempre con una maglia rossa indosso, stanco, spossato e sudato... ma stavolta felice. L'abbiamo vendicata, abbiamo stroncato una maledizione.

Se potessimo tornare indietro, chi vorrebbe fare entrare quella tripla di Rossi? Nessuno, credo.
Ma se non fosse entrata... questa promozione, sarebbe stata vissuta con la stessa sofferenza? Avremmo avuto la stessa gioia all'ultima sirena? Non credo.
Le sconfitte possono insegnarti a vincere. A noi ne sono servite molte. Si ironizza sempre sulle finali perse dalla Juve in Champions, ma... conoscete tutte quelle perse dalla Benedetto? Nel 2009, ai tempi della fase "Pallacanestro Cento", ci si fece addirittura una maglietta.
Siamo quello che siamo per tutto quello che ci ha costruiti, per il tutto il passato che ci ha temprati, forgiati, appassionati. Per tutte le delusioni che "no basta, non ci vengo più al palazzo" e invece a settembre si era lì a rifare l'abbonamento.
Perché c'è una passione prima di tutto, perché una canotta non è una roba sintetica che puzza di sudore, è qualcosa di più.
Anche per me, che non ne capisco un cazzo di basket, e che so a malapena palleggiare.

E allora perché? Chi ce l'ha fatto fare?
Perché si vive anche per cercare di realizzare i sogni.
Perché era un sogno, e ogni tanto, qualche sogno, si avverA.


martedì 8 maggio 2018

Gilles, la bottiglia non si tiene così

Sono nato nel 1984, Gilles Villeneuve è morto nel 1982: va da sé che il mito di Gilles per me è arrivato dopo, dai servizi Rai, dai racconti di Andrea De Adamich, da quello che mi diceva mio padre... che "era un mezzo matto, ma andava molto veloce".

E questo post potrebbe chiudersi qui, non ho molto altro da raccontare che non sia già stato detto su Gilles... da chi l'ha conosciuto veramente, o da chi semplicemente l'ha vissuto davvero, accompagnato dalle telecronache flemmatiche di Mario Poltronieri.

Ma siccome ho visto che i morti tirano un sacco nel mio blog... no vabbè, non è questo il motivo. Cioè intendiamoci: parlare di morti tira sempre (sarà perché siamo sempre un po' incuriositi da quello che non possiamo comprendere, cioè la non-vita), ma Gilles è morto da un bel po', quindi, soprattutto nel giorno del 36° anniversario della sua scomparsa, in cui l'argomento è trito e ritrito.... perché?

Qualche settimana stato sono stato a visitare il Museo Enzo Ferrari di Modena e il Museo Ferrari di Maranello, e mi ha colpito questa foto.



E' una foto famosissima, e l'avevo già vista centinaia di volte... ma per la prima volta l'ho osservata bene.
C'è Enzo Ferrari, con la sua indiscutibile "eleganza da umarell"... braga a vita alta, cravatta che toccia sui maroni, occhiale da sole per non dare confidenza... che poi in realtà cosa non volevi, dargli confidenza? A Enzo Ferrari, Gilles, piaceva davvero un sacco.

Perché era uno di quelli che nascono ogni cinquant'anni o giù di lì, un matto vero, uno a cui piaceva vincere... al costo di perdere.
Per Gilles, era meglio finire a muro lottando per la vittoria, che accettare un secondo posto.

In Formula 1, oggi come allora, ogni piazzamento alla fine significa soldi... e anche alla Ferrari, dove magari i soldi contano fino a un certo punto, un secondo posto è un tassello importante per arrivare a vincere il titolo, piloti o costruttori che sia.
Enzo Ferrari questo lo sa bene, tuttavia... non riesce a negare il debole per uno che incarna lo spirito della corsa... alla fine cos'è un titolo mondiale, se non un mero calcolo matematico? Le corse, i Gran Premi, sono le gare vere, di piloti e di macchine... sono quelle che si vincono o si perdono.

E allora di uno così, sportivamente parlando, ti innamori. Se sei Enzo Ferrari, se sei ferrarista, o se semplicemente segui la Formula 1. Lo odi perché ti disfa le macchine, ti sputtana il mondiale... ma lo ami perché ti emoziona.

E gli perdoni anche il fatto che no, cazzo, no, la bottiglia non si tiene in mano così, che sennò si scalda. Ma cosa vuoi che ne capisca di vino, è un canadese.
Può capirne di motoslitte. O al limite, di corse.

Arnoux vs. Gilles, commentato da Poltronieri. "Un coraggio leonino."

venerdì 16 febbraio 2018

Calcutta e il Frosinone: il Dorian Grey dell'indie

Calcutta, all'anagrafe Edoardo D'Erme
16 maggio 2015, 41° giornata del campionato di Serie B. Allo stadio Matusa di Frosinone sono le ore 16:47 e l'arbitro Maresca da Napoli fischia tre volte: il Frosinone sconfigge il Crotone 3 a 1 con il gol di Ciofani e la doppietta di Dionisi, ed è matematicamente promosso in Serie A, per la prima volta nella sua storia centenaria.
Può esserci un momento più bello di questo? Quando tutto è in potenza, quando tutto è in divenire? Il Frosinone è in serie A, ed è ancora imbattuto, intonso, non ancora macchiato da nessuna (prevedibile) goleada.



90 chilometri più in là, a Latina (sarebbe meno in linea d'aria, ma con tutte quelle curve...) Calcutta, al secolo Edoardo D'Erme, comincia a fare aperitivo. Ha appena compiuto 26 anni, e dopo un primo album uscito nel 2012 per la Geograph Records ("Forse...", che all'epoca si riesce ad ascoltare solo dal sito di Rockit), godendo di un buon riscontro da parte della critica di nicchia, sta scrivendo i pezzi per un nuovo album.
Ci sono già parecchie idee, ci sono già alcuni pezzi, ma manca ancora qualcosa. Cosa? Una bionda media, grazie. Anzi, due. Tre? Facciamo tre.
Insomma, una birra tira l'altra, figurati gli amari, alla fine si finisce a sbafarsi una pizza in casa, da soli, bevendo un bicchiere per pensare meglio. E capita tra le mani un giornale: c'è Papa Francesco, Dj Francesco, e il Frosinone in Serie A.

Qui comincia la storia parallela di Calcutta e del Frosinone. I tifosi gialloazzurri si svegliano in hangover ma galvanizzati per un traguardo storico: Edoardo si sveglia in hangover e basta. Eppure, nell'anticamera del suo cervello, risuona quel motivetto di pianoforte... quella pizza divorata... quel bicchiere di vino che non ci stava per un cazzo... quel film guardato sul divano, con la televisione ancora accesa su Rai Movie... Edo mette insieme i pezzi e nasce "Frosinone".


Il Frosinone Calcio, invece, deve affrontare il calciomercato: è necessario rinforzare la squadra senza snaturarla, perché se da un lato c'è da fare subito la serie A, bisogna tenersi pronti anche alla possibilità di rifare la serie B in appena 12 mesi. Le società serie lo sanno: e il Frosinone è serio.
Confermati molti dei giocatori della stagione precedente, arrivano Samuele Longo in prestito dall'Inter, Tonev dall'Aston Villa, Leali dalla Juve, Gomis dal Torino, Diakité in uscita dal Cagliari, e... no, onestamente nessun nome che possa valere la pena di appuntarsi per l'asta del Fantacalcio. A meno che non lo paghiate 1.

Edoardo, invece, ripresosi dai fasti, contatta Niccolò Contessa, alias I Cani, uno dei progetti più interessanti del panorama italiano, che dopo aver consolidato il proprio successo con l'ultimo album Glamour, è anch'egli in cerca di ispirazione per un nuovo lavoro.
E così, visto che da Latina a Roma ci sta appena un'oretta, per un mesetto tutti i giorni Edo e Niccolò si vedono, si fanno qualche birretta, magari qualche cannetta, e lavorano sugli arrangiamenti. Edo vuole passare dal suono scarno del primo lavoro a un suono più contemporaneo, in un certo senso più radiofonico, ma sì diciamolo: più MAINSTREAM.
E Niccolò è la persona giusta per il giusto equilibrio, per quel right balance che possa portarti alle orecchie del più vasto pubblico possibile, preservando però le tue peculiarità artistiche.
E' un'estate molto calda, tra Latina e Frosinone.

Estate molto calda a Latina con Calcutta
23 agosto 2015: al 7' minuto di Frosinone-Torino, Daniele Soddimo segna il primo gol in Serie A per i gialloazzurri. Tutto il Matusa è in festa, ma la gioia dura poco: il Torino rimonterà e vincerà per 2 reti a 1.
Questo resterà l'unico gol del Frosinone nella massima serie per un mese esatto: dopo 3 sconfitte maturate contro Atalanta, Roma e Bologna, il Frosinone arriva a Torino, allo Juventus Stadium (non ancora Allianz Stadium).

Nonostante la Juventus stia attraversando una crisi nera, con una media punti da retrocessione, pare comunque impensabile che il Frosinone possa uscirne indenne.
E invece.
E invece al 92' Leonardo Blanchard, che a discapito del cognome è italianissimo, trafigge Norberto Neto (Buffon è in panchina) e regala al Frosinone il primo punto in Serie A, ottenuto nella tana dei campioni d'Italia.


Intanto, a Latina, è tutto pronto per il nuovo singolo di Calcutta: "Cosa mi manchi a fare" esce il 27 settembre, per Bomba Dischi. Nel video, sotto la regia di Francesco Lettieri, un bambino bangla si aggira per Torpignattara, quartiere un po' ingiustamente screditato di Roma.
Da subito il brano non convince i fan storici di Calcutta... che poi non è che siano chissà quanti, al momento dell'uscita del brano, Calcutta pagina di (il simpatico nome della pagina facebook di Edo) conta appena 2mila like, per intenderci.

Ma Edo se ne frega, giustamente: prosegue nel suo intento... l'album viene reso acquistabile in pre-order con tanto di sciarpa rossoblù da stadio in regalo, con sopra scritto MAINSTREAM: che è appunto il titolo dell'album.
Nel mentre, il singolo entra in rotazione su Radio Deejay.



Il Frosinone ottiene subito una vittoria sull'Empoli e poco dopo un altro insperato 2-0 casalingo sulla Sampdoria, uscendo dalla zona retrocessione. Siamo al 18 ottobre, e tutto è ancora possibile. Dionisi si è sbloccato, e promette grandi cose anche nella massima serie.

Su youtube escono 3 video, versioni piano e voce di "Cosa mi manchi a fare" e degli inediti "Gaetano" e "Del verde". Al piano si narra che ci sia proprio Niccolò Contessa, ma verosimilmente è impegnato nell'ultimazione del suo "Aurora".
Il singolo ha raggiunto qualcosa come 30mila views in pochissimo tempo, e in un'epoca in cui l'indie è ancora di nicchia, sono cifre veramente importanti. (Sembra di parlare di una vita fa, e lo é, in un certo senso.)


Il sorpasso, il momento in cui Calcutta inizia a stare meglio del Frosinone Calcio, avviene a fine novembre: il 29 il Frosinone vince 3-2 sul Verona, e per l'ultima volta uscirà dalla zona retrocessione.
Il 30, finalmente esce Mainstream.
Da qui in poi, comincia la parabola ascendente di Calcutta si inerpica verso l'alto: e allo stesso tempo, comincia quella discendente per gli uomini di mister Stellone.

La promozione di Mainstream è a dir poco geniale: Calcutta annuncia alcuni in-store nelle principali città d'Italia, comunicando gli indirizzi dei luoghi su internet. Peccato che a quegli indirizzi corrispondano altrettanti "bangla", ignari di tutti, davanti ai quali mini market Edo suonerà chitarra e voce tutti i pezzi dell'album (di soli 27 minuti).
Nel mentre, esce anche il video di Frosinone, in cui probabilmente si fa il verso a Grande Raccordo Anulare di Venditti-Guzzanti. E anche qui, condivisioni a go-go.


Con l'anno nuovo, Roberto Stellone resta saldo sulla panchina del Frosinone, anche se fino ad una vittoria sul Bologna, il Frosinone otterà solamente 1 vittoria e 2 pareggi in 9 giornate... la salvezza è sempre più difficile, servirebbe un mercato invernale rivoluzionario... che non arriverà. Il Frosinone si prepara alla Serie B, anche se in campo non si arrende, assolutamente.

Calcutta comincia un tour con parecchi sold out in piccoli club, ormai è esploso a tutti gli effetti, e il problema è diventato come rimpolpare un live che più che suonare tutto il suonabile tra primo e secondo album, non sa più cosa inventarsi. Edo a volte sale sul palco ubriaco, a volte lucido, a volte modifica i testi, a volte scende ad abbracciare il pubblico: è un vero e proprio fenomeno VIRALE, qualunque cosa voglia dire.
A un certo punto regala ai suoi fan l'inedito "Fari", inviandolo in formato MP3 via Whatsapp a chiunque gliene faccia richiesta.

Il Frosinone racimola qualche altra vittoria, con Udinese, e di nuovo con Empoli e Verona... l'ultimo modo d'orgoglio arriva il 1 maggio, con un 3-3 ottenuto a San Siro, contro il Milan di Brocchi (e di brocchi, potete anche togliere la maiuscola) dopo essere stati addirittura in vantaggio per 3 a 1. Purtroppo non basta, perché l'1 a 0 subito contro il Sassuolo appena 7 giorni dopo condanna i gialloazzurri alla Serie B.


Il Frosinone non è più in Serie A: ma Calcutta continuerà a cantare il suo pezzo.
Nota di merito: mister Stellone è sempre rimasto al suo posto, nessun esonero, a dimostrare la serietà della società che crede nei suoi uomini e nel progetto (il Frosinone sfiorerà la Serie A nel 2017, e al momento in cui scrivo è 2°, in piena lotta promozione).

Calcutta, invece, è in rampa di lancio: dal cassetto degli inediti dimenticati esce fuori Oroscopo, un brano già suonato dal vivo qualche anno prima... per l'occasione, ci mettono le mani Takagi & Ketra, duo di produttori che negli ultimi anni hanno azzeccato parecchi singoli con diversi frontman: il brano esce il 12 maggio 2016.


Ed è qui che Calcutta si distacca definitivamente dal mondo dell'indie: mentre il Frosinone abbandona la Serie A due giorni dopo, con appena 31 punti (troppo pochi per aver seriamente mai messo in dubbio la retrocessione), Calcutta abbandona l'indie... anzi: comincia la trasformazione dell'indie in mainstream, lasciando a Tommaso Paradiso e i suoi Thegiornalisti il compito di completare l'operazione, in appena 12 mesi.

Gli stessi 12 mesi in cui è durato questo sogno, da maggio 2015 a maggio 2016, e in cui per un attimo due piccole realtà di provincia sono andato a braccetto, nei televisori e negli smartphone di tutta Italia, prima che una delle due prendesse il sopravvento... forse questo Frosinone è invecchiato al posto di Calcutta, come una sorta di ritratto di Dorian Grey calcistico: forse no, ed è stato tutto un mio viaggio un pochino romanzato, pur usando come basi interviste e informazioni acquisite in rete.
Sta di fatto che un po' mi manca il Calcutta di una volta, e un po' se vogliamo anche il Frosinone, perché il Benevento, nonostante il gol di Brignoli, non è mica la stessa cosa.

"E allora dimmi, cosa mi manchi a fare?"


martedì 23 gennaio 2018

2 km di Ex-Otago


Gli Ex-Otago, oggi.
Come nasce il cambiamento di Blogorroico?
(cambiamento del quale dovete ancora rendervi conto)
(e che, chissà, forse non percepirete mai, o forse no - o forse non lo avreste mai percepito se non l'avessi palesemente annunciato)

Era il novembre scorso, e avevo appena dato un passaggio alla mia ragazza.
Una volta, quando scrivevo più spesso su questo blog, non parlavo spesso delle mie ragazze. Questa cosa generava spesso due reazioni... la prima era quella del "non parli mai di me, sembra che mi vuoi nascondere".
Reazione molto comprensibile, e umana: a nessuno piace sentirsi nascosto. Ovviamente l'intento non era quello, anche se di fatto, poteva sembrarlo.
La seconda reazione era quella dell'immedesimazione: ogni volta che in un racconto di Giulio, o in generale, capitava di delineare un personaggio femminile, capitava che qualcuna cercasse di immedesimarsi in questa.
E insomma, alla fine prendevo sempre dei nomi, perché tanto non ci si azzecca mai. Ma d'altronde non deve essere semplice stare insieme a una testa di cazzo come me, e nemmeno stare insieme a uno scrittore o presunto tale: figurati quando i due fenomeni si presentano contemporaneamente.

Comunque, non volevo parlare della mia ragazza (perlomeno, non ora): volevo dire che appena è scesa dalla macchina ho alzato l'autoradio e stavo ascoltando Marassi, l'ultimo album degli Ex-Otago. E mentre passava "I giovani d'oggi" ho ripensato a tutta la carriera degli Ex-Otago, a quando avevano cominciato cazzonissimi, quando c'era ancora Pernazza (successivamente inglorosiamente noto come "il coniglio di Chiambretti"), i tempi di The Chestnuts Time e di Tanti Saluti, quando erano dominati dal lo-fi e uscivano per la Riotmaker, in quegli splendidi anni 2000 che già comincio a rimpiangere... e non tanto per quegli anni in sé e per sé, ma per tutti quei piccoli rimpianti che ho di quegli anni. Ora sono felice: anzi, no, ma le mie infelicità non sono legate al mio ieri, o forse si.

(vedi questa è una di quelle frasi che le morose potrebbero leggere malissimo, e invece è semplicemente che la mia vita lavorativa è abbastanza insoddisfacente)

(e una morosa non sarebbe sicuramente contenta di aver fatto questa specifica, perché sembra che lei sia una rompicoglioni che cerca di influire anche sulla mia vita privata pseudo-artistica e pseudo-giornalistica e io sia moralmente obbligato a smentire tutto ciò)

(ma vi assicuro che non è così.)

(perlomeno, non con la mia ragazza con cui sto ora.)
(che non vuol dire per forza ce ne saranno altre.)

Maurizio e Simone degli Ex-Otago, anno 2009, in partenza per Oslo.

E insomma, mentre era già arrivata "Cinghiali Incazzati", che è la seconda traccia, ho pensato che mi sarebbe piaciuto fare due chiacchiere con loro. In particolare con Maurizio e Simone, Mauri e Simmi per gli amicissimi, rispettivamente cantante e chitarrista, gli unici invariati nella formazione dal 2002. E parlare di quel video di Pronti Al Peggio dove Simone mostra che in realtà di lavoro fa l'autista, e chiedergli se lo fa ancora... o farmi da raccontare da Maurizio come sono nate le gag della ghost track di Tanti Saluti, o quelle dello skit "Radio Scapolo D'Oro"... e vedere come sono arrivati ad oggi, passando per gli anni della produzione tramite "crowdfunding" dei fan. Di come questo Marassi mostri degli Ex-Otago diversi, forse maturati, forse invecchiati, che possono piacere o non piacere (a me Marassi piace, lo avete già capito) ma che comunque hanno fatto un percorso rispettabile e portano un pop di qualità, con contenuti e arrangiamenti di livello.


E poi ho pensato che... posso farlo.

Ai tempi di Radio Nebbia (nel lontano 2007) ho realizzato come internet avesse effettivamente avvicinato gli artisti agli ascoltatori, e che con la scusa di una piccola web radio potevi veramente avere udienza da chiunque. Ora è ancora meglio, se mandi un messaggio nella pagina facebook di un gruppo ti risponde dopo qualche ora il cantante in prima persona, per dire.
E quindi ho pensato che posso farlo, che se leggermente modifico questo blog, orientandolo alla musica, che comunque in fondo è sempre stato uno dei temi ricorrenti, allora posso diventare una sorta di blogger musicale, a modo mio, e avere questa scusa per attaccare bottone e avere udienza da tutti quelli che sono stati i miei miti della giovinezza. Magari con una intervista, tipo, o qualcosa del genere. Sempre come pare a me. Quando pare a me.

Avevo pensato diverse volte a come modificare questo blog. Non ho mai pensato di chiudere Blogorroico, quello no, ma a volte ho pensato a trasformarlo in una sorta di blog di opinioni, o in un blog di racconti, e magari coinvolgere altri autori/redattori.
Ma è inutile: Blogorroico, è il blog di Atti. E Atti sono io, e soltanto io. E questo blog è cazzone come me. Non può diventare una sorta di "testata" ( [...] ai sensi della legge di sta ceppa del 09/07/2006 questo blog non è una testata di informazione, in quanto esce con cadenza a cazzo di cane").
E l'unico cambiamento possibile, può essere questo. Se mai ci riuscirò.

E tutto questo l'ho pensato in appena 2 km di strada, mentre tornavo al lavoro da me. Saranno su per giù 5 minuti di macchina, e 12 anni di vita.


martedì 16 gennaio 2018

Dolores, t'è caduto il vassoio



E' morta Dolores O'Riordan, cantante dei The Cranberries.
E' morta Dolores O'Riordan e i morti su internet tirano sempre un casino. Ma... perché poi dovrei parlarne? La reach organica delle mie pagine facebook non è un motivo sufficiente.


I Cranberries entrano nella mia vita nel 1994, tramite mio fratello, e mi fanno cagare. Dai, avevo 10 anni, non è possibile che a 10 anni ti piaccia quella roba. Poi già il nome... CRAN-BER-RIS. Suona già male. Suona come un vassoio di argento che ti cade per terra. Magari con sopra dei biscotti buoni. CRANBERRIS! Ti è caduto il vassoio? Si. C'erano sopra i biscotti? Si. Ma cazzo.


Poi, nel 1999 è uscito Bury The Hatchet. Ed ecco, che a 15 anni, inizio ad avere le orecchie per apprezzarlo. E così piano piano recupero tutti gli album... e nel 2002 arrivano a Bologna, all'Arena Parco Nord, per l'MTV Day: e io sono lì.
Sono le ore 15, l'evento deve ancora iniziare, e l'area del concerto si sta riempiendo. A fine giornata MTV annuncerà 60mila persone, ma in quel momento probabilmente non sono nemmeno 10mila. I maxischermi mandano a ciclo continuo la pubblicità degli sponsor, e ogni tanto passano i pezzi dei gruppi che suoneranno in quella giornata... Meganoidi, Daniele Silvestri, Subsonica, Articolo 31... a un certo punto arriva "Zombie".
Ci sono oltre 30 gradi, sono le 3 di pomeriggio, il palco è vuoto: e comunque, ci sono 10mila persone che tutte, da sole, all'improvviso cantano in coro "In your head..."
Era un festival, molti erano lì per vedere gli Articolo 31 o per vedere Piero Pelù... ma Zombie la cantavano tutti. TUTTI. Senza che ci fosse bisogno di un veejay a dare il via.


E poi direi che la nostra relazione si chiude qui, anche perché i Cranberries fanno uscire un best of e poi si prendono un periodo di pausa. Quando tornano, nel 2009, io ascolto altre cose. E gli album successivi (due, uno del 2012 e uno uscito l'anno scorso) non me li filo proprio. Non li ho proprio mai ascoltati, non saprei neanche dire se mi sto perdendo qualcosa.
Ma va bene così. Bastano quei 5 album della prima fase 1993-2002... tutte quelle canzoni, tutte quelle parole... tutti quegli urli. Perché certo, a 10 anni non puoi apprezzare No Need To Argue, con 'sta qui che grida... anche questa stava male. Ma c'è da capirla, all'epoca non c'era tanta tranquillità tra l'ex Jugoslavia e l'Irlanda del Nord... Europa Europa, Europa un cazzo. Lei usava parole diverse, ma il senso era quello, dai.
C'è poi un motivo se lei scriveva canzoni e io scrivo solo stronzate, a ognuno il suo lavoro: e il mio non è nemmeno quello di scrivere stronzate, tra l'altro.


E fine, non ho molto altro da dire in realtà: no, non è la stessa cosa di Chester Bennington, non ha segnato così tanto la mia adolescenza. Anche se per inserire "Free to decide" nella mia colonna sonora dell'Interrail 2008 ho dovuto discutere con Saccolo, che ovviamente non apprezzava.


E' solo che anche stavolta ci si sente un po' più soli, anche se non ci cagavamo dal 2003, per dire. La morte fa parte della vita, no?
Non so, forse le morti degli altri fanno sentire più vecchio me, e forse alla fine è solo un po' di egoismo, quello che c'è dietro tutto questo. Che alla fine a sua volta non è nient'altro che istinto di sopravvivenza, di volersi attaccare a tutta la vita che resta, che in questo caso è la mia, perché la sua già non c'è più.
Perché Johnny Cash è morto da vecchio, perché David Bowie è morto prima del previsto ma almeno era arrivato ai 69, perché 46 sono pochi, dai.
Quarantasei sono pochi.
Dolores, t'è caduto il vassoio d'argento. CRANBERRIS!

And I miss you, when you're gone
That is what I do, baby, baby
And it's going to carry on
That is what I do, hey, baby


lunedì 8 gennaio 2018

I miei dischi del 2017

Mi è sempre piaciuto fare classifiche e pagelle. E' una cosa che, ciclicamente, torna anche di moda. Ovviamente la cosa ha spesso riguardato anche la musica. Ed è così che, dopo non averlo fatto per un po' di anni, tiro fuori "i miei dischi dell'anno".
Che significa: i miei dischi preferiti tra quelli che sono usciti nel 2017. Perché se estendessi, dovrei dirvi che quest'anno ho ascoltato anche un sacco anche il primo album dei The XX, ma è del 2009, per dire.
E un po' per tempo, un po' per voglia, non ho di certo ascoltato tutte le maggiori uscite di quest'anno. Potrei aver lasciato fuori album che magari vado a riscoprire tra qualche anno.
Altra premessa: come sapete, non sono un esperto di musica né un musicista, sono solo un appassionato che ne ha ascoltata molta, ne ascolta ancora tanta, e ha un iTunes con 93 giga di mp3.
Ultima premessa: la sensazione generale è che il livello medio, da una decina d'anni a questa parte, si sia un po' abbassato (anche se stiamo parlando di un macro universo), mentre in controtendenza, la situazione italiana mi pare in miglioramento. 
Bando alle ciance: cominciamo.


*** ALBUM STRANIERO ***
Hater - "You tried"


Negli ultimi anni le nuove uscite che ascolto sono prevalentemente italiane, quindi c'è solo un album straniero.
Gli Hater sono quattro ragazzi svedesi di Malmö, e suonano un pop finto disimpegnato e molto low-fi. Un po' per le tematiche, un po' per il suono, a me sembra che abbiano pescato tantissimo dai The Smiths, con una voce femminile.
Questo disco l'ho scoperto tramite Polaroid, autore di una bellissima recensione a riguardo. A me ha subito ricordato gli anni di Londra, dello "scazzo pomeridiano", quando la luce del sole filtrava nella stanza passando attraverso un vetro sporco, in una stanza che puzzava sempre di fumo, dove su un divano impolverato, davanti a un tappeto sporco, bevevo birre in lattina e vini scarsi, ascoltando vecchi vinili segnati e guardando video nostalgici su youtube, insieme al mio amico scrittore. Momenti in cui pensavamo a tutto e in mano non avevamo niente, in cui tutto il mondo era contro di noi (forse non tutto, ma di certo ci sembravano avversi sia l'Italia che il Regno Unito) e sognavamo donne lontane o vicine, o forse donne e basta (si è sempre pescato pochissimo) e speravamo di fare i soldi... almeno ammucchiare quelli che bastassero per arrivare pagare l'affitto e arrivare a fine mese.
"You tried" non parla di niente di tutto questo, ma è impregnato di quella "malinconia splendente" (Polaroid cit.), tipica di una certa fase della giovinezza, del poter avere tutto ma non avere niente, se non pochi rimpianti e rimorsi... che sono pochissimi, ma già sembrano eterni ed enormi.
Probabilmente, ho passato questo, e poterlo rivivere per un attimo, in questi disco di soli 26 minuti, è come farsi un grappino: un bel distillato di tutto quello che fu.


----------------------------------------

*** EP STRANIERO ***
The Steady Letters - "The Steady Letters EP"


Non vorrei essere ripetitivo, ma devo dirlo: anche loro vengono da Londra... e portano un rock a metà tra l'indie dei primissimi Arctic Monkeys e un garage rock secco ed efficace. L'EP, ad essere sincero, suona un po' troppo "pulito": i brani sono molto efficaci, ma pagano un po' lo scotto di un arrangiamento in studio che non rende piena giustizia. Tuttavia, se li ho messi in questo resoconto è perché sono convinto del fatto che abbiano un grandissimo potenziale (e dal vivo lo dimostrano già ampiamente). Se passate dalle parti di Londra date un'occhiata alla loro pagina facebook, si sa mai che facciano un live proprio il weekend in cui siete lì voi.


----------------------------------------

*** EP ITALIANO ***
Spartiti (Max Collini + Jukka Reverberi) - "Servizio d'ordine EP"


Veniamo alle cose di casa nostra... se per gli Steady Letters era quasi un premio per il debutto, più che per l'EP in sé, anche qui in realtà il premio è più "alla carriera", se non addirittura alle carriere, quelle di Collini e Reverberi, negli Offlaga Disco Pax e nei Giardini di Mirò. Su queste non si discute: da sole potrebbero farmi scrivere post e post (e non è detto che non lo faccia, prima o poi).
Il progetto "Spartiti", nato come spettacolo di reading musicale e alla lunga divenuta una "band" a tutti gli effetti, merita un riconoscimento per il lavoro svolto. Quattro anni di tour, 1 EP live, 1 album in studio e ora questo "Servizio d'ordine EP" che va a chiudere il percorso (non definitivamente, spero) mettendo Spartiti di fatto in pausa e chiudendo di fatto una prima era del gruppo (lo ripeto: vi prego, andate avanti).
Lo "spoken word" in Italia non ha mai preso piede più di tanto, così come i reading e le letture accompagnate da un sottofondo musicale, che sono ancora viste come uno svago da noiosi cinquatenni snob radical chic o giovani hipster... ma ahimé, siamo in Italia. E forse è proprio per questo che è una bella notizia sapere che pur navigando controcorrente, gli OfflagaDiscoPax sono riusciti a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nella scena indie dell'epoca, ed inizia ad essere così anche per Spartiti. Ne meriterebbero molto di più, ma cominciamo ad apprezzare quella che c'è... in questo Paese, in questo momento, tutto questo è fonte di speranza.
E' ora che parli anche dell'EP, è vero... anche in questo lavoro, come nei precedenti i testi interpretati (a volte suoi, a volte presi in prestito) da Max si sposano alla perfezione con le basi preparate da Jukka, senza che mai una delle due sovrasti l'altra. Il suono arricchisce la parola, e la parola riempie il suono... perdonatemi se scomodo frasi fatte, ma ad ascoltare il duo reggiano quasi non si percepisce il grossissimo lavoro che c'è alle spalle di tutto questo: è molto difficile partire da brani di altri o racconti già scritti e arrivare a raggiungere una tale alchimia musicale. Eppure, ce l'hanno fatta.
Questo EP di cinque tracce aggiunge al repertorio del duo chicche come "Elena e i Nirvana" e "Ida e Augusta" che da sole valgono il disco.
Ok, forse non siete abituati all'idea del "concerto con le sedie", ma appena tornano dalle vostre parti, andateli a sentire. Nel mentre, c'è Spotify/Youtube/iTunes.


----------------------------------------

*** TERZO POSTO ***
Dutch Nazari - "Amore Povero"


Alla fine ho deciso di fare anche una top 3: e al terzo posto c'è Dutch Nazari, che avrebbe quasi potuto vincere anche il "miglior debutto" non fosse che nel 2016 era già uscito un EP, "Diecimila lire". Nel suo primo long playling il buon Duccio (nome di battesimo) tiene altissima la bandiera del cosiddetto "cantautorap", quelli dei giocolieri di parole (per intenderci, tipo Dargen D'Amico e Willie Peyote, due con cui tra l'altro ha collaborato in diversi brani).
E' un tipo di rap che adoro: la ricerca continua del gioco di parole, ma non fine a sé stessa, bensì al servizio del contenuto e del messaggio, con la metrica che a volte quasi sembra sconfinare nel parlato, pur restando indiscutibilmente rap.
I brani sono racconti di vita, di vita "normale" (se il normale esiste), ma Dutch Nazari potrebbe essere un amico di tutti, quello un po' depresso, quello a cui capita di sbronzarsi, quello che fa fatica a trovare da lavorare, quello un po' cinico e disilluso, che ogni tanto trova anche da far bene, ma sempre pronto a cercare un sorriso, anche finto, ma pur sempre un sorriso per fare buon viso al cattivo gioco, che è un po' la società in cui ci ritroviamo.
L'ho visto recentemente al Locomotiv Club (apriva il concerto di Frah Quintale) e mi è piaciuto molto, anche se un po' penalizzato dal trovarsi in un contesto euforico con un album che di euforia ne ha ben poca.
Bravo Dutch, avanti così.


----------------------------------------

*** SECONDO POSTO ***
Amari - "Polverone"


Lo ammetto senza troppi problemi: sono di parte e questo secondo posto potete tranquillamente considerarlo un furto, o un favoritismo, o un regalo. Intendiamoci: non ho mai avuto regali dagli amari, a parte un paio di ingressi gratuiti ai tempi degli amari street member e una magliettina che ora mi sta anche stretta. Di certo non mi hanno mai pagato come promoter: sono un semplice fan, e come tale, non posso essere obiettivo, per quanto mi sforzi.
Comunque cerco di esserlo: e penso che obiettivamente questo sia un bel disco. Non tutti i brani forse sono ciambelle uscite con il buco, come si suol dire, ma la ricerca continua di questi simpatici friulani ha dato i suoi frutti, e sono da apprezzare.
C'è chi resta volontariamente fuori dalle dinamiche di mercato e delle scene, e comunque ne viene rispettato (vedi OfflagaDiscoPax e Spartiti, per dirne due sopra) e chi invece viene un po' ingiustamente messo in disparte. Perché? Boh, non lo so. So che gli Amari sono spesso considerati molto meno di quello che meritano.
In questo disco si percepisce benissimo come gli Amari siano sulla scena da vent'anni, hanno suonato tantissimo ma ancora di più hanno ascoltato un botto di dischi di ogni genere, continuano a farlo, e sono in grado di affittare con calma un casolare in Umbria e provare a suonare, a campionare, a comporre, a scrivere. Con molta esperienza, e tanto coraggio. Perché per fare certe cose in Italia e in italiano, ci vuole coraggio. In questo disco torna il rap (lasciato un po' in disparte negli ultimi album), si sentono tante influenze oltreoceano di moltissimi generi diversi, mentre i testi mescolano riflessioni, ironia ed autoironia, con una versatilità che è veramente da pochi (in Italia forse solo Daniele Silvestri e Max Gazzè, ovviamente in maniera diversa e in altri generi).
In questo l'album ho la sensazione del tempo che passa, del vivere il presente con la difficoltà del barcamenarsi facendo musica in tanti modi diversi (Dariella è autore di jingle pubblicitari e colonne sonore, il Pasta gira i club con i Fare Soldi) senza però avere la promozione e i passaggi radiofonici di Ligabue, ma la volontà di cantare l'amore vero senza strumentalizzazioni. Ci sono i traslochi, i viaggi, gli amici che vanno e vengono, ma sempre tornano alla provincia, anche solo per una birra, o per ricordare i tempi universitari in cui si era "punkabbestia", c'è spazio per ricordare Ken il Guerriero citandolo... ho un po' la sensazione che quest'album sia quasi una "prova di forza": sì, si può invecchiare senza diventare vecchi. Si può restare fermi a fare sì che la polvere che si depositi lentamente, a patto che poi al momento ci giusto si sappia come fare per alzarsi di scatto e fare un gran polverone.
Tre brani tre: Punkabbestia, L'amore si prova e Dinosauro (ma in rete i fan degli Amari hanno apprezzato parecchio anche "Tu Tramonto")
Anche gli skit in questo album sono chicche gustose: in "Italian Smemorato" c'è un audio tormentone di Whatsapp campionato ad hoc, in "Telefonata con mia mamma"... una telefonata con la mamma di Dariella, che arriva a cantare Endrigo con l'autotune.
Se tutte le volte che vi alzate di scatto fate uscire un polverone così, allora lasciatevi cadere addosso pure tutta la polvere che volete.


----------------------------------------

*** MENZIONI SPECIALI ***

Ok, prima di arrivare al vincitore del mio "miglior disco 2017", vorrei lasciare un po' di premi minori.  Tipo quando al Carnevale di Cento si assegna il premio per il miglior costume o il miglior gettito.
L'ho ascoltato poco, ma mi è sembrato validissimo il debutto di Giorgio Poi ("Fa niente"), dove c'è molto Battisti ma sotto forma di synth pop.
Molto validi anche i Coma_Cose, usciti con un EP e qualche traccia sparsa, anche qui a metà tra Battisti e la trap... attendo con curiosità un album.
Molto bello "Nebbia" dei Gazebo Penguins, un lavoro maturo, quasi un concept album sulla presenza/assenza, per una "indie alternative rock band" (come li definisci, i Pinguini?) che matura senza invecchiare (anche loro, sì).
Ho ascoltato molto anche Coez... beh, ormai ha virato decisamente sul pop, ma mi è piaciuto. E' un bel disco. E mi piace come ancora mantenga una vena rap, nemmeno troppo nascosta. Insomma, per me "Faccio un casino" è promosso, senza dubbio. Si può fare anche un buon disco pop senza che debba essere un capolavoro del cantautorato italico. Oh, accendete una qualunque radio generalista e ditemi qual'è il livello medio, dai...
Ah, un'altra cosa: voglio ascoltare i dischi con calma e con tutto il tempo che meritano e di cui necessitano: quindi mi riservo il diritto di ascoltare più avanti il nuovo dei The XX (di cui ho sentito solo i singoli, molto bene) o St. Vincent (che conosco poco, ma ha fatto uscire dei bei singoli).
Non è assolutamente il loro miglior lavoro, ma "Ti Amo" dei francesissimi Phoenix mi ha rasserenato dopo il mezzo passo falso di "Bankrupt!".
Bene, ora tocca al vincitore...

----------------------------------------

*** PRIMO POSTO ***
Le Luci della Centrale Elettrica - "Terra"


No, stavolta non sono di parte: pur essendo un fan di Vasco Brondi (per ancora chi non lo sapesse, è colui che sta dietro al one-man-project Le Luci della Centrale Elettrica), non ho con lui un rapporto di cui posso dirmi musicalmente succube. Non avrei problemi a stroncarlo con ferocia, se inciampasse in un mezzo passo falso, a maggior ragione dopo aver sfornato una serie di album a mio avviso eccezionali, tra cui appunto quest'ultimo "Terra".
Vasco è un tipo strano. Meglio così. Non so dire se il successo gli abbia dato alla testa... non penso, a dire la verità. Certo che il successo cambia: se non altro, solo per la tranquillità di poter arrivare serenamente a fine mese, e poter viaggiare, e poter guardare ed ascoltare il mondo. Soprattutto ascoltare, perché in questo lavoro ci sono davvero tanti suoni, da tutti i continenti... c'è l'Africa, l'Asia, il Messico, i Balcani... il tutto accompagnato da un diario di lavorazione, in cui aneddoti di vita si mescolano con il diario di lavorazione del disco, con la produzione di Fede Dragogna dei Ministri.
Questo disco è una miscela incredibile, ci sono film, libri, canzoni, citazioni di filosofi, suoni ascoltati in giro per il mondo, strumenti comprati in mercatini dispersi... ma se pensate se sia un disco "esterofilo" o una sorta di Lonely Planet in musica, siete fuori strada. Il disco è l'amplificazione della periferia di Milano, del Veneto, di quella società multietnica che faticosamente sta venendo fuori, che lo si voglia o meno. Tutto il casino di questa Terra, è lo stesso che c'è già qui, fuori dalla nostra finestra. E' un disco di speranza, in un certo senso, anche nell'affrontare dinamiche come quelle di migranti e scafisti... c'è sempre un alone di positivismo, in un certo senso, alla faccia della nomea depressa che si era costruito Brondi con i primi lavori.
Mi sembra che voglia dire: tutti insieme, ce la possiamo fare. Io, te, io e te, noi, loro... sembra quasi di essere in una guerra in cui Vasco ci sta spoilerando che c'è un lieto fine, dobbiamo solo essere forti e decisi a terminare questo binge watching a cui siamo forzatamente costretti quotidianamente.
O forse no: ma ce la possiamo fare. E ti prego Vasco, capisco la multietnicità, ma tagliati la barba che stai malissimo.