lunedì 21 settembre 2015

Di nuovo Lacetti - La peregrinazione europea

da un'altra parte, dall'altra parte, sempre qualcun altro, Lacetti...

Ero fermo davanti a un autogrill ungherese, uno di quei posti dove puoi aspettarti di carpire il segreto della vita dalle labbra di un autotrasportatore polacco, o perdere un rene.
Una birra fredda da 50 cl mi scorreva lungo la gola, mentre attendevo il da farsi. Sapevo che presto mi sarei fatto una zuppa calda.
L'autostrada era bloccata da quei cazzo di migranti, e per le strade basse era meglio non addentrarsi di notte. Avrei aspettato l'indomani, dormendo sul sedile passeggero, con una coperta che profumava di cane, camporelle e libertà.

Ancora parecchia strada mi separava dalla mia meta... ma dove ero? Dove mi trovavo? Dove era colei che avrei dovuto raggiungere? Mi sentivo come Max Pezzali in uno dei suoi  più conclamati successi, quella Nord Sud Ovest Est che casualmente avevo sentito per radio l'ultima volta in Italia, poco prima di Trieste.
Starò cercando lei o forse me? E forse quel che cerco neanche c'è.
Tirai fuori il mio pene rattrappito dal freddo e pisciai lungo un palo della luce. Non c'era veramente un cazzo, da queste parti. E pensare a tutte le vittime degli abusi edlizi, che in Italia si accoltellano alle assemblee di condominio per un posto auto. O quelli che si ammazzano per gli affitti nelle periferie di Londra. Qui c'è tutto il posto che vogliono.

Perché non venite qua a cagare il cazzo?
Qui che non c'è niente.

Sarei arrivato da qualche parte, prima o poi? Perché mi ero imbarcato in questo viaggio? La Lacetti era fredda ghiacciata, ferma e inutile, come questa bottiglia di birra ormai vuota.
Mi rassegnai ad entrare in quella bettola puzzolente e ordinare una zuppa calda.
In televisione davano le immagini dei siriani, proprio quelli che a fianco a me percorrevano l'autostrada. Dove cazzo andate? Restate qui. Popoliamo questa landa desolata insieme. Non lasciatemi da solo anche io.

Perché devo sempre rincorrere tutti e nessuno si ferma mai da me?
Fanculo.
Il mio destino è quello di cacciatore. Non c'è nulla che possa fare se non continuare a cacciare. Ti troverò. Viva o morta, ti troverò.

lunedì 7 settembre 2015

Robin Schulz (ma io non voglio ancora crederci)

La fine delle ferie, settembre, il ritorno al lavoro, la festa dei giovani di Pieve, l'asta del fantacalcio, la fiera di Cento, il termometro che cala, e il nuovo EP di Robin Schulz: tutto il mondo che mi circonda sembra volermi comunicare la fine dell'estate, ma io ancora non voglio crederci.

Credo ancora che possa arrivare di nuovo qualcosa, come Baggio all'88esimo, come Senna che recupera 1 secondo al giro sotto la pioggia, come Savoldelli giù per una discesa, come te che mi hai saputo portare dove neanche pensavo di poter voler finire. (eh? ma chi?)

Ma non succederà. L'estate sta finendo. Un anno se ne va. Sto diventando grande. Lo sai che non mi va. E se è per questo non mi va neanche l'EP di Robin Schulz. Fa veramente cagare.

E una volta settembre mi piaceva, sentivo quel fresco odore del sole sui campi di grano svuotati, quelle giornate sempre più corte ma comunque radiose, quella speranza.

Perché poi la verità è che noi il meglio l'abbiamo sempre dato tra settembre e maggio. Mica come Robin Schulz.

"Forse è la paura di perdere le emozioni dei sogni che spinge a tenere viva la speranza. Eh? Che cosa ho detto? O forse devo bere meno, scrivere meno cazzate e andare a letto prima la sera."

(Comunque Headlights mi è piaciuta un sacco.)








mercoledì 2 settembre 2015

Lacetti colpisce ancora - Alla ricerca del pezzo incantato

Non sopportavo come i ragazzi laggiù in Romagna avessero preso a chiamarmi Lacetti. Voglio dire, ero pronto a rottamare quel ferro arrugginito in cambio di una bionda ghiacciata, se solo fosse bastato a farmi chiamare con il mio cazzo di nome.

Ma era inutile, Aziz, Basano e Mapez amavano scherzare all'europea, e in quel genere di questioni era meglio non addentrarsi, se volevo evitarmi un pippone spezzapalle di 45 minuti. Volevo solo un cazzo di burrito caldo, ma in tasca non avevo spicci, né per la broda della Lacetti né per saldare il conto della serata.
I miei debiti si facevano troppo alti, e rischiavo di fare la fine della Grecia in un poker assassino con Berlino e Londra.

Decisi di stare seduto sul dondolo nella mia veranda a fumarmi un paio di paglini, mentre attendevo qualche idea sul da farsi.
Avevo un sacco di lavori da terminare qui, e l'indomani mi sarei svegliato presto per cominciare a terminarli, ma non riuscivo a schiodare la testa da quella topolina dell'est.

Cosa era successo? Mai mi era capitato di perdere la testa per un pezzo di carne, neanche fosse una fiorentina servita sotto al Mugello. Qui c'era qualcosa di più grosso sotto. Questa tipina nascondeva dei segreti, sotto quelle gemme che aveva al posto degli occhi, e iniziavo a esserne sicuro. Dovevo scoprire quale mistero si portava dietro. Quel fascino di eterna bambina innocente, mischiato al carattere della peggior stronza dell'ufficio postale, e alla freddezza di un killer in area di rigore. Ma aveva un tocco, un raggio di sole, una brezza tiepida, che a tratti, le uscita dalle labbra, dalle mani, dal cuore.

Dovevo andare a scoprirlo al più certo, ne ero sicuro. Cercai gli stivali antifango e li trovai ancora sporchi di fango, perfetti per immergermi nel fango fin da subito. Ma nel fango dovevo andarci domani.

Dovevo andare a prendere quella bimba. Ed ero sicuro ci sarebbero voluti almeno una decina di caricatori, 4 taniche di benzina, un bel giubbottone con l'interno ben foderato, e soprattutto un paio di stivali puliti.
Sarei partito l'indomani con le luci dell'alba, avrei fatto il pieno da Grisù (di soldi e di broda) e poi avrei schiacciato il gas di quel cesso mobile fino a farla bruciare dopo il confine.

Sentivo l'odore della rincorsa più lunga di tutto l'ovest civilizzato, ma sentivo anche il suo profumo tenue nell'aria, e sapevo che non sarei tornato da solo da questa cavalcata.
La luna piena mi sorrise sorniona, io la mandai a farsi inculare, e mi buttai sul dondolo, per dormire con il fresco della sera.