martedì 12 settembre 2006

How long must I wait?

C'è gente che la notte non riesce a dormire. Chi perché lavora, chi perché gli danno fastidio le zanzare, chi perché ha mangiato pesante, insomma i motivi possono essere tanti. E c'è chi non ci riesce perché c'ha troppo da pensare.
Questa è per il mio amico Alessandro.

The Strokes - "Vision Of Division"

Sing me a song, you can be
Tell me a tale, just like me
Don't turn it my way, Happy and free
I'll turn it to shit, Happy and free

Oh ooh

All that I do is wait for you
All that I do is wait for you
I can't get along with all your friends
Don't know how to act
That's all there is
Why do I accept the things you say?
You know what to change
But not in what way
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?

I am not you, we could have
I'm almost through, great success
It's about time, such a success
That you came through, at no expense

Oh ooh

All that I do is wait for you
All that I do is wait for you
I can't get away from all your friends
I'm not coming back
That's all there is
Why do I accept the things you say?
You know what to change
But not in what way
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?
How long must I wait?

domenica 10 settembre 2006

La potenza del not-turno

Ebbene si.
In un pomeriggio afoso di settembre, in un delirio di tentativi di dare un senso alla mia vita, andai a consegnare il mio curriculum da Cavicchi, a XII Morelli. E mi presero.
E così, a quasi 3 anni esatti di tempo dal mio licenziamento a Conserve Italia (6 settembre 2003), il mio ritorno ai pomodori.
Nuova mansione (ora sono addetto alla pesa e al campionamento), vecchio turno: il not-turno, dalle 22 alle 6.

Il not-turno più che un turno di lavoro è una dimensione mentale, soprattutto se affrontato (3 anni fa come oggi) in momenti particolari della propria vita, con poche ore di sonno sulle spalle, e dopo periodi di lavoro continuativo.
Si entra in una dimensione sconosciutissima anche ai più nottambuli...
Non esistono più i giorni e le notti. Le ore di sonno non sono più lo spartiacque da un giorno all'altro. Può capitare che si dorma più di mattina che di pomeriggio, o di pomeriggio più che di notte. Cos'è oggi? Cos'è ieri? Qual'è il confine tra ieri e oggi? Le 6 di mattina, l'inizio ufficiale della giornata? O la mezzanotte? O l'orario in cui ti svegli? O il pranzo?
Non esistono più ieri, oggi e domani. Esiste solo un grande flusso di ore e minuti, nel quale si naviga in maniera più o meno accondiscendente e consapevole.
Questo, portato insieme a tutta una serie di altri fattori, da il via a processi neuronali prima sconosciuti al proprio cervello. Si può arrivare a prontezze di riflessi quasi istantanee. O a perdersi tra i giorni.

"Oh allora domani mattina mercato, eh?"
"Atti..."
"Si?"
"Era oggi il mercato..."
"Cacchio sono rimasto indietro di un giorno..."
(dialogo tra Atti e Diego, agosto 2003)

Non sottovalutate la potenza del not-turno.

mercoledì 6 settembre 2006

Nemmeno se sei Eddie Merckx

"Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards.
Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa, che vuole l'affitto ogni primo del mese.
Credo che ognuno di noi si meriterebbe un padre e una madre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi.
Credo che un'Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa.
Credo che non sia tutto qui, però prima di credere in qualcos'altro bisogna fare i conti con quello che c'è qua, e allora mi sa che crederò prima o poi in qualche dio.
Credo che se mai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con trecento mila al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose.
Credo che c'ho un buco grosso dentro, ma anche che, il rock n' roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici ogni tanto questo buco me lo riempiono.
Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e da te stesso non ci scappi nemmeno se sei Eddie Merckx.
Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri."

tratto da RadioFreccia [Italia, 1998], regia di Luciano Ligabue, con Stefano Accorsi

lunedì 4 settembre 2006

Moccia? Mocciao!

Io scrivo. E non solo in questo momento su questo blog, ma anche in altri momenti della mia vita e in altre forme narrative. Racconti. Tentativi di romanzi. Ogni tanto poesie alternative. Ma quelle sono rarissime.
Cmq, dicevo, scrivo. E l'altro giorno sono andato a rileggermi uno dei miei racconti. Uno di quelli un po' lasciati li, senza titolo, che penso di riutilizzare per un possibile futuro romanzo. Titolo provvisorio: LT. Last Time. L'ho scritto verso febbraio, non me ne ricordavo quasi più.
E niente, senza entrare nei dettagli del racconto, ci sono questi due, ragazzo e ragazza che praticamente si stanno lasciando, e hanno il loro ultimo rapporto sessuale. Disquisizioni morali a parte (se non avete ancora letto il racconto fareste bene a non farle... chi giudica senza conoscere non ha nè stima nè rispetto da parte mia, soprattutto ultimamente), è sempre difficile raccontare di un rapporto sessuale.
Qualcuno potrà obiettare che non ce n'è per forza bisogno, e sono d'accordo, ma in questa storia il loro rapporto sessuale è parte integrante del racconto e va per forza raccontato. Se mai un giorno avrete l'occasione di leggere capirete.
Stavo dicendo, è veramente difficile... descrivere un amplesso trovando il giusto equilibrio tra la pornografia, l'eroticità e l'anatomia, tra il romanticismo e il patetico, e così via.
Non stavo andando male, diciamo che il racconto mi stava piacendo, e anche il pezzo sulla loro trombata. E poi, all'improvviso, una frase.

"Lui è pieno di piacere."

:-|

LUI E' PIENO DI PIACERE??? Dio mio, cosa sono diventato, Federico Moccia? Ma cos'è, tre metri sopra il cielo? Ma cosa avevo bevuto per scrivere una minchiata del genere? Niente, ero sobrio, ma non mi spiego proprio come mi sia uscita...
LUI E' PIENO DI PIACERE? In che senso? Nel senso che va a presentarsi in giro a destra e a sinistra dicendo "Piacere, Giulio" "Piacere, Giulio" "Piacere, Giulio" ?
Ma dio mio... si può essere pieni di rabbia, di amore, di odio, di alcol, di botte, di sburra (citando Elio) ma di piacere no!!!
Ora vi chiederete, cabinari miei, perché alla fine siete solo voi che leggete i miei sproloqui, perché ve lo dico? Perché vi racconto delle mie minchiate che ho scritto per le quali mi farò sputtanare?
Innanzitutto per regalarvi un sorriso, perché vi assicuro che nonostante il racconto fosse un po' drammatico, mi sono sbigattato dalle risate, e poi perché io mi faccio prendere per il culo... E IO LE COSE CHE DEVO DIRE LE DICO!!! E NON ME LE TENGO PER ME!!!

:asd:

sabato 2 settembre 2006

Muccino sarebbe contento. Gabriele, dico. Silvio... lasciamo perdere.

In questi giorni così particolari proprio per il loro non esserlo, particolari per la loro anonimità (si dice così?) tra filosofi si disquisisce su cose particolari.
La vita è fatta delle cose che fai o c'è dell'altro? Se non ti senti felice, riempirsi la vita di cose è una soluzione per la felicità o è solamente un palliativo?
Sono interrogativi molto mucciniani ma... ma alla fine sono interrogativi a cui c'è gente che cerca di dare una risposta.
Forse non abbiamo un cazzo da fare, anche, si, probabilmente, ma forse non abbiamo un cazzo da fare proprio per questo motivi.

non so se la vita sia fatta delle cose che uno vive o se ci sia altro...

...e se c'è altro, che cosa?

Ringraziamo il Dott. Soriani per la partecipazione e per l'avviamento dell'argomento nel proprio blog.