lunedì 25 agosto 2014

Sul viaggiare da soli

Di solito su Blogorroico ci scrivo sempre e soltanto io: se voglio condividere cose di altri uso Facebook, o Twitter. Però, questa volta...
1) Quello che sto per condividere è un estratto di un post più lungo, e non ha un direct link (anche se poi vi consiglio la lettura di tutto il post)
2) Questo è il mio blog e come sapete ci faccio quello che mi pare.
Quindi ecco una bellissima riflessione di Andrea Girolami, autore e giornalista di Wired (tra le altre cose, creatore di "Pronti al Peggio") ... sul viaggiare da soli.
Sul viaggiare da soli
Dopo aver attraversato negli anni la Scandinavia, il Perù, il Giappone e i Balcani mi sento nella posizione di chi pensa di aver capito qualcosa riguardo il viaggiare da soli e ora ve lo vuole raccontare. Per prima cosa quando si parla del viaggio in solitaria lo si descrive come il massimo grado di egoismo possibile. È vero il contrario: viaggiare da soli significa il totale annullamento del sé. La maggior parte del tempo è spesa osservando gli altri: nei ristoranti, per strada, nelle lunghe trasferte a bordo di ogni mezzo di trasporto. La mente vaga senza meta e l’unico appiglio è quello di studiare i volti, i movimenti, provare a indovinare i pensieri chi ci sta vicino. Infatti anche se siamo gli unici protagonisti di un viaggio del genere non si fanno selfie (ok a parte quella che vedete qui sopra). Foto del genere sono la testimonianza di un momento condiviso o da condividere con altri mentre il viaggio in solitaria è qualcosa di differente. Siamo spettatori di qualcosa che accade attorno a noi attraversandolo senza lasciare traccia.
Viaggiare da soli vuol dire entrare in decine di bar e ristoranti, guardare negli occhi il cameriere dire “Hello, I’m alone”. Da giovane si parte in solitaria con la convinzione di riuscire a fare ciò che non ci sarebbe permesso accompagnati da gruppi numerosi o fidanzate. Una volta cresciuti accade l’esatto contrario. Tutto quello che vorreste fare non vi riesce proprio perché siete soli. Cenare in un posto particolarmente carino perde di senso e anche se decidete di andarci vi diranno che è tutto pieno perché con voi incasserebbero solo la metà che con la coppia innamorata alle vostre spalle in fila per sedersi. Viaggiare da soli vuol dire trovare il proprio ritmo perfetto giorno dopo giorno. Essere sempre più efficienti negli spostamenti, nell’organizzazione del proprio ristretto spazio vitale. Sapere dove mettere l’asciugamano bagnato dopo la doccia, come ripiegare i vestiti nello zaino, dormire nei posti e negli orari più improbabili fino ad essere così stanchi da perdere la memoria e scivolare in quella sorta di trance che accompagna sempre gli ultimi giorni prima del ritorno. Ho conosciuto persone che non hanno mai dormito in un ostello e mi chiedo come possano vivere senza aver provato un’esperienza del genere. Condividere camerate da otto o più dove tutto è alla rinfusa, dover trovare la giusta posizione in luoghi in continuo mutamento dove si è sempre solo di passaggio è la metafora dell’esistenza più limpida che mi possa venire in mente.
Capisci che è il momento di smettere di viaggiare da solo quando ti trovi ad immaginare persone con cui vorresti smarrirti nei vicoli della città e condividere l’entusiasmo di ciò che sta accadendo. Credo di aver perso la voglia proprio durante questo ultimo giro in cui sono riuscito a viaggiare senza nessuna paura o nervosismo, anzi più probabilmente mi sono stancato proprio per questo motivo. Ogni viaggio in solitaria è una scatola di madeleine che contiene e richiama tutti gli altri fatti in precedenza. Anche questa volta ho camminato per ore sotto la canicola come era successo in Giappone, ho attraversato in bus decine di paesi di montagna uguali tra loro come in Norvegia, mi sono accompagnato all’amica dissenteria come in Perù. Infine lo scrivo in modo da non dimenticarlo nuovamente. Al ritorno da ogni esperienza del genere è estremamente chiaro come il fine ultimo di ogni viaggio in solitaria è proprio quello di desiderare e amare nuovamente la compagnia degli altri esseri umani.
Andrea Girolami
Tratto da: http://nonsischerzapiu.tumblr.com/tagged/unasettimananeibalcani (e vi consiglio di leggere anche il resto del post)


mercoledì 30 luglio 2014

Estate è dove traslocano le case


Estate, è dove traslocano le case
smonti rimonti avviti chiudi

è lavarsi senza l'acqua, asciugarsi senza corrente
vestiti spiegazzati, sfrecci, un'anta in faccia
corro senza le chiavi, calcio l’ultima sedia
alzo il volume rimane la porta spalancata
senza luce gas acqua
appoggio tutto morbido il polveroso l'appiccicoso
vado in bici in macchina in aereo
a piedi sulle grucce, i miei cuscini rotti
parlo col cane, parlo col padrone, parlo di cose che sto per coprire
estate stellare memorie portoni zanzariere
andiamo non andiamo, terzo piano
mal che ci vada un sonnellino, altri tre giorni senza lavandino
rotto il sole, il temporale, la festa condominiale
i conti li pagherò quando sarò tornato
mi devi tre IBAN
io un cacciavite a stella un po' spuntato
ma ora piego ancora un po’ di cose, un po’ di stracci in questa meraviglia
la notte buio piastrelle la Punto cresce decresce
ci s'impiglia
cambio casa in settimana: la mia estate italiana.

(Enrico Atti)





mercoledì 21 maggio 2014

Two Fingerz In One Throat

Ora che (non ti sembra buffo), 
ora che (proprio ora che non serve più), 
ora che non serve più (riuscire a dare un senso un senso a tutto) ...

Il mal di testa, la sonnolenza, e il Napoli che vince la Coppa Italia.

C'era anche il pesce freddo nel frigo, che non era nemmeno per me, ma l'ho mangiato lo stesso perché avevo fame.

(...) ma soldi non ne ho 
e a dir la verità, non ho nemmeno un tour 
ho solo qualche data qua e là 
e se potessi ti regalerei sole ma per ora devi accontentarti di un'abat-bajour (...)

Non c'era nessuno per strada. Nessuno aveva voglia di andare da nessuna parte. Chi poteva partire era già partito nel pomeriggio. Gli altri erano rimasti. Dovevano rimanere.

(...) il talento ti trattiene in catene i sogni, ma non ti mantiene (...) 

Solo io me ne sarei andato a breve. Dovevo lavorare. Altrove.
Io e pochi altri.

(...) perché il sogno te lo scegli da bambino 
e il tempo passa e sbiadisce lo scontrino 
così a trent'anni ti svegli vuoi cambiarlo (...)

Che cos'è rimasto di tutto questo?
No, non i vostri ricordi mediocri di un tempo in cui si è stato ipocritamente uniti.

Cioè che è stato, in quello stato, in altro Stato, per quel che è stato.

Temo non sia rimasto più niente.

Non ti sembra buffo? Ora che non serve più, proprio ora che non serve più, riuscire a dare un senso, un senso a tutto?

Si, isn't it ironic, don't you think? Certo che se sono capace di dare un senso a parte della discografia dei Two Fingerz, allora questo e altro.


P.S. vabbè, c'era pure Dargen.

martedì 6 maggio 2014

Lo studente fuoricorso

(continua da qui)

[...] questo simil cambiare, o cambiare con una leva del cambio in similpelle, mentre più più probabilmente mi abbasso sempre di più come il muso di una F14-T e cerco di andare avanti fendendo l'aria senza strisciare, quando neanche la prospettiva di dissolvermi in volo come una stella cadente con la scia è realisticamente possibile, e quando anche del gettarmi via la sera per raccogliermi la mattina e riciclarmi il pomeriggio inizio ad esserne stanco.

Forse c'è un'altra alternativa, forse siamo all'inizio di una grande stagione, ma forse, con una seconda ipotesi tanto semplice quando destabilizzante, noi siamo diventati lo studente fuori corso.


C'è un giorno in cui hai ventanni o poco più e vai a lezione all'università. Ti metti a metà dell'aula che è mezza vuota. E scopri che in fondo c'è un tipo strano.

La barba un po' incolta, vestito un po' meglio di te, sembra quasi interessato alla lezione. Una borsa/zainetto semivuoto, un quaderno per gli appunti, una semplice bic in mano, gli occhiali indosso/gli occhiali da sole appena tolti.
La prof comincia la lezione e chiede "siete tutti del nuovo ordinamento"? E si alza una selva di mani, compresa la tua.
"C'è qualcuno che non è del nuovo ordinamento?"
E dal fondo si alza una mano. La sua.

"Io sono del vecchio ordinamento, curricula Pubblico e Sociale, dovrei dare l'esame da 6 crediti invece che cinque."
"Ah... ok. Si fermi qui dopo la lezione che parlo con lei del programma."

Poi passano gli anni, passano gli esami, ma non tutti, e non tutti al primo colpo, e a un certo punto vai a lezione con la barba un po' incolta, vestito un po' meglio degli altri, quasi interessato alla lezione, ti metti in fondo all'aula, tiri fuori la tua bic e il tuo quaderno dallo zainetto semivuoto e... cazzo, lo studente fuori corso sei diventato tu. Senza nemmeno accorgertene.

Capisci? Hai guardato per una vita questi trentenni scapoloni che ti facevano anche un po' tristezza, anche se rispettavi il loro apparente muoversi nel mondo guidati da un qualcosa di sicuro (il lavoro? la fede in Gesù Cristo? boh, una delle due, perché apparentemente non è che potessero credere così tanto nei Radiohead o nella Premier League), che avevano sempre una parola azzeccata per tutto e ora...

...e ora il trentenne triste sei tu.
Ma come.
Ma come cazzo è possibile.
Ma quando è successo.
Ma com'è che non mi ha avvisato nessuno.
Ma quando è successo? Cioè cosa stavo facendo? Perché non mi avete chiamato?
Ma cazzo.
Ma era ieri che correvamo dietro a un pallone e...
...e ora lo studente fuori corso sei tu, ora il trentenne triste sei tu.

Sicuramente da qualche parte hai sbagliato qualcosa - va anche detto che ci sono un sacco di cose sbagliate che non sono dipese da te.


E poi è vero, a trent'anni qualunque cosa fai finisci per essere patetico. Pensateci bene. A trentanni non puoi più
1) impiccarti (oltre che patetico poi saresti anche morto)
2) tingerti i capelli di colori del cazzo

3) andare palesemente a figa da delle 18enni
4) tagliare i capelli con dei tagli strani
5) fare l'erasmus
6) fare elenchi di merda che sembrano quelli dell'oltreuomo.

E una serie di altre cose che evito per non sconfinare troppo nel suddetto punto 6.

Poi un giorno vi faccio un post felice e positivista così siamo tutti più contenti e andiamo a fanculo con il sorriso. Perché l'importante è andare a fanculo, ma poter andarci sereni.




giovedì 17 aprile 2014

Mi ero tanto sbagliato

Fanculo...

...a quelle che devono trovare loro stesse.
...a quelle che manco staranno da sole per due weekend di fila in tutta la loro vita.
...a quelle che non capiscono le battute, e magari se ne hanno pure a male.
...a quelle che con la coda di paglia si sentiranno prese in causa, e mi chiederanno in privato "parli di me?". Si parlo di te, ma ti risponderò "no, non ti preoccupare!". Oppure no.
...a quelle che io sono una persona seria e faccio cose serie fino a che non faccio una cazzata, e forse nemmeno a quel punto mi rendo conto tardi che seria non lo sono mai stata, e che quindi potrei essere più coerente ed onesta con me stessa.
...a quelle che scopare si fa ma non si dice, oppure proprio non si fa e basta, perché di no, che non sta bene.
...a quelle che fanno le sceme, ma non sono mica sceme del tutto. Io starei attenta a giocare con certe persone perché poi è un attimo trovarti a riflettere di fronte a un blog.
...a quelle che cambiano il treno a Bologna Centrale e aprono Tinder.
...a quelle che devono sempre viaggiare. Un posto ve lo suggerisco volentieri.
...a quelle che "dai vieni a trovarmi! però non questo mese, non il prossimo, e... non lo so, improvvisiamo" che tanto io non ho mai un cazzo da fare dalla mattina alla sera, non ho mica da lavorare, a me la vita me la finanzia direttamente l'UE.
...a quelle che non rispondono ai messaggi. Non è che voglio scopare tutte quelle a cui dico "ciao". (Ok ammetto che di solito al 95% è così, però qui non è questione di sesso, rispondere è questione di educazione)
...a quelle che non si muovono da casa se non le passi a prendere in macchina con il tappeto rosso.
...a quelle che "ho scordato di dirti che non sono sola".
...a quelle che scherzano di continuo su tutto. Chissà se scherzi anche quando c'è da scopare con il tuo ragazzo. Lui forse scherzerebbe meno.
...a quelle che prima o poi ci vediamo.
...a quelle che "dai quando passo di li ci vediamo" e non passeranno mai di qui e già lo sanno. Metti almeno un "magari" davanti che almeno alleggerisci la stronzata.
...a quelle che sei troppo vecchio, sei troppo giovane, sei troppo diverso, sei troppo amico.
...a quelle che stanno vivendo un momento difficile della loro vita. Svegliati cara che la vita è tutto un momento difficile, prima lo capisci e prima cominci a vivere davvero.
...a quelle che vivono a Stocazzo Milanese per spendere meno, così hanno i soldi da spendere in taxi per tornare a casa in provincia e piangere al sicuro.
...a quelle che da ubriache è tutto un saluto, e da sobrie faticano a dire ciao.
...a quelle che diventano dottoresse per curare il tuo alcolismo. Grazie mille, ma quando ero in depressione voi eravate in ferie o lavoravate in un altro reparto?
...a quelle che non sei più figo perchè non vivi più a Londra.
...a quelle che se non hai lo scatto fisso, lo sciarpino, il camcino, la scarpa marroncina e il pantalone risvoltato da alluvionato penzalino sei un provinciale di merda.
...a quelle a cui in realtà non mi stavo riferendo davvero, ma che si sentono chiamate in causa.

Fanculo.


Questo post è una libera creazione artistica ispirata dal nuovo singolo de Lo Stato Sociale.