mercoledì 2 settembre 2015

Lacetti colpisce ancora - Alla ricerca del pezzo incantato

Non sopportavo come i ragazzi laggiù in Romagna avessero preso a chiamarmi Lacetti. Voglio dire, ero pronto a rottamare quel ferro arrugginito in cambio di una bionda ghiacciata, se solo fosse bastato a farmi chiamare con il mio cazzo di nome.

Ma era inutile, Aziz, Basano e Mapez amavano scherzare all'europea, e in quel genere di questioni era meglio non addentrarsi, se volevo evitarmi un pippone spezzapalle di 45 minuti. Volevo solo un cazzo di burrito caldo, ma in tasca non avevo spicci, né per la broda della Lacetti né per saldare il conto della serata.
I miei debiti si facevano troppo alti, e rischiavo di fare la fine della Grecia in un poker assassino con Berlino e Londra.

Decisi di stare seduto sul dondolo nella mia veranda a fumarmi un paio di paglini, mentre attendevo qualche idea sul da farsi.
Avevo un sacco di lavori da terminare qui, e l'indomani mi sarei svegliato presto per cominciare a terminarli, ma non riuscivo a schiodare la testa da quella topolina dell'est.

Cosa era successo? Mai mi era capitato di perdere la testa per un pezzo di carne, neanche fosse una fiorentina servita sotto al Mugello. Qui c'era qualcosa di più grosso sotto. Questa tipina nascondeva dei segreti, sotto quelle gemme che aveva al posto degli occhi, e iniziavo a esserne sicuro. Dovevo scoprire quale mistero si portava dietro. Quel fascino di eterna bambina innocente, mischiato al carattere della peggior stronza dell'ufficio postale, e alla freddezza di un killer in area di rigore. Ma aveva un tocco, un raggio di sole, una brezza tiepida, che a tratti, le uscita dalle labbra, dalle mani, dal cuore.

Dovevo andare a scoprirlo al più certo, ne ero sicuro. Cercai gli stivali antifango e li trovai ancora sporchi di fango, perfetti per immergermi nel fango fin da subito. Ma nel fango dovevo andarci domani.

Dovevo andare a prendere quella bimba. Ed ero sicuro ci sarebbero voluti almeno una decina di caricatori, 4 taniche di benzina, un bel giubbottone con l'interno ben foderato, e soprattutto un paio di stivali puliti.
Sarei partito l'indomani con le luci dell'alba, avrei fatto il pieno da Grisù (di soldi e di broda) e poi avrei schiacciato il gas di quel cesso mobile fino a farla bruciare dopo il confine.

Sentivo l'odore della rincorsa più lunga di tutto l'ovest civilizzato, ma sentivo anche il suo profumo tenue nell'aria, e sapevo che non sarei tornato da solo da questa cavalcata.
La luna piena mi sorrise sorniona, io la mandai a farsi inculare, e mi buttai sul dondolo, per dormire con il fresco della sera.

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