martedì 24 marzo 2015

Cosa penso di Bologna

Prendendo in prestito le parole di (this) e degli Uochi Toki cercherò di spiegarvi il mio rapporto conflittuale con Bologna: perché non la amo e non la odio e nemmeno la apprezzo, perché penso che sia bella ma in fondo non mi piace anche se vorrei farmela piacere, perché forse prima o poi ci andrò a vivere ma è lo stesso prima o poi con il quale mi dico che proverò a donare il sangue anche se ho la pressione molto bassa e probabilmente svenirò / sverrò (penso siano valide entrambe le forme) (invece sono già registrato come donatore di midollo osseo e di organi) (fatelo anche voi, dai).
Vado al dunque... cosa penso di Bologna?

Rispondo con la prima parte, tratta da un post pubblicato su blog dei bolognesi di (this):

"L’unico vero amore della mia vita l’ho conosciuto quando arrivai in questa città per studiare. Lei era bellissima e misteriosa. La conobbi sceso dal treno quasi per caso, mentre aspettava chissà chi ma giureri fosse lì per me. Ebbi una epifania pari solo a quella di un teenager degli anni ’90 che vede per la prima volta Natalie Imbruglia nel video di Torn. Mi scontrai con lei con la delicatezza di un goffo ciccione che si fa largo tra la folla per arrivare alle pizzette fredde di un aperitivo. Con una scusa la convinsi a farmi conoscere le strade della zona universitaria, a passare sotto i monumenti che fino a quel momento avevo visto solo in fotografia, a mangiare il cibo da strada locale, vero termometro della civiltà di una popolazione.
L’estate era in dirittura d’arrivo e solo la consapevolezza di aver aperto un nuovo capitolo della mia vita sopiva l’amarezza di un nuovo autunno alle porte. Città nuova, indipendenza garantita comunque da un assegno mensile dei genitori, convivenza con gente di tutto il mondo e finalmente materie da studiare che io e solo io avevo scelto con la consapevolezza e la maturità di un 19enne con le idee chiare e le palle del proprio futuro ben strette in pugno.
Le prime settimane ci siamo annusati a vicenda. Lei veniva da alcuni anni di relazioni turbolente con persone che non ne avevano gradito lo spirito libero e la voglia di mostrarsi. Io francamente ero bloccato da questo suo passato così burrascoso e per adeguarmi adottai atteggiamenti e abitudini che oggi ricordo con tenerezza. Abbigliamento sdrucito e una rigida dieta fatta di droghe scadenti e vino in offerta, ritmi di vita da barbagianni e igiene personale discutibile. Il tutto ovviamente condito da una inammissibile condotta universitaria e alcuni problemucci con lo Stato.
Con il tempo ho imparato a battere il mio sentiero personale e ad equilibrare le pulsioni autolesioniste con il mio amore incondizionato per lei. Insieme siamo cresciuti fino ad ottenere la maturità di relazione che solo chi sa perdonare può godersi. Intanto le ondate di studenti che ogni anno arrivavano per conoscere la città mi davano sempre più una sensazione di invasione del territorio, cominciai a ricordare con nostalgia i primi tempi in quel luogo che ormai non c’era più, ferito a morte dalle sferzate di un giovanilismo forzato che mal si accostava alla bonarietà borghese della città.
Mi accorsi con stupore che la nostra relazione mutava col mutarsi della città. Più le spinte dal basso proponevano uno svago deviato e irrazionale, più noi ci chiudevamo a riccio per preservare la nostra intimità e complicità. Ma non sempre ciò che più ami può fiorire al buio di una stanza, protetto dalle fredde correnti del cambiamento. Quanto si può andare avanti facendo finta di nulla? Cosa ci tiene ancora insieme, il ricordo o il futuro?
Chi si avvicina ai 30 anni vive ogni giorno come un conflitto. Accelerare o frenare. Guardarsi indietro o progettare. Procrastinare o procrastinare assai. La strada dell’eccesso porta al palazzo della saggezza, sosteneva Blake evidentemente ancora strafatto di oppio e sconvolto dai primi sintomi dell’itterizia. Io a quel palazzo non ci arrivai mai. Mi fermai prima. Ma lei proseguì.
La vedo ancora oggi, mutata e mutante, che fa della propria bellezza l’unica carta giocabile per attirare le attenzioni su di sé. Non c’è gioia nei suoi occhi, non c’è memoria di quel che è stata. Vedo solo rassegnazione e consapevolezza che i ricorsi storici hanno cicli di vita ben più brevi di quelli che il Vico ci voleva rifilare.
Non l’ho potuta più guardare con gli stessi occhi.
La magia, come per incanto, era svanita.
Lei era di un altro.
Lei era di altri.
Lei era di tutti.
Come è sempre stato e sempre sarà, nonostante lo sguardo innamorato di un ragazzino che da questa città si era fatto rubare il cuore."

...e proseguo con la seconda parte, tratta da "Le città", canzone degli Uochi Toki:

"Bologna mi piace solo perché c’è un sacco di gente con cui litigare e tante costruzioni da osservare. Odio la multi-identità che questa città si porta dietro, odio la sua tradizione di libertà conservante, odio la gente non autoctona — cioè la maggior parte. Vedo flussi di gente come fiotti di sangue da ogni parte: risalgo la corrente per capire da dove parte questo flusso umano che mi coinvolge come un davanzale in marmo. Mi adatto nella misura in cui mi permetto di andare in giro e osservare come animali questi esemplari di umani, studentesse fuori sede ed universitari inconsciamente ipocriti in cerca di prede e di un passato da raccontare. E poi la ritualità di questo luogo influenza solo colui che ci crede, colui che non vede la data di scadenza sul ricambio generazionale, rischiando di trovarsi in una città, in un locale pieno di gente di passaggio, facendo finta di non stare invecchiando. Solo i veri duri possono abitare a Bologna, sfruttando la corrente del divertimento alternativo con il giusto peso negli occhi. Una città non può essere solo università, slogan, ebbrezza e ragazze. Guardate meglio!"


E mi sa che non ho altro da aggiungere. Per ora.



Fonti:
prima parte: "Scusa amore, si è fatta una certa" di Danji, pubblicato su (this) il 28/06/2013
https://thisnothat.wordpress.com/2013/06/28/scusa-amore-ma-si-e-fatta-una-certa/

seconda parte: "Le città" di Uochi Toki, pubblicato sull'album Laze Biose (2006) https://www.youtube.com/watch?v=ghkf84hMjTo

mercoledì 18 marzo 2015

Slip out the back (nove anni fa e dopodomani ancora)


Nove anni fa.
Un amico era preoccupato per la sua ex che affrontava il primo viaggio senza di lui. A distanza di anni, non posso dargli torto. Cioé, ce l'aveva, aveva torto... ma non posso darglielo lo stesso.

A me, ripensandoci, per quel che mi posso ricordare con il mio cervello che perde pesantemente MB e MB di cluster di memoria... mancavano solo i suoi messaggi.
"Solo".
Prima dell'epoca di whatsapp, prima degli smartphone, nell'epoca delle offerte dei 100 sms al mese, andare all'estero era una sorta di condanna a 160 caratteri al giorno, o poco più.
Più o meno, una sorta di comunicato stampa al giorno, più o meno dettagliato ed efficace a seconda della persona che avevi di fronte.
E con di fronte, intendo una fronte che spaziava anche di 800 km.

E a me, mancavano i suoi sms. Cioè lei.

A distanza di nove anni ricordo quei viaggi da Cento a Ferrara, ancora ignaro di quanto sarebbero stati pesanti anche dolorosi i due anni successivi, anche se ora non mi pesano così tanto. Sarà che pesa più il futuro, sempre.
Ma allora averti lontano senza poterti sentire pesava parecchio, e mi sorprendeva anche un po'.

So che non mi stai leggendo. Questi post del cacchio li leggono si e no 30 persone, le vedo le statistiche. E tu non sei tra quei 30.
Se stai leggendo, vuol dire che non sto parlando di te.

D'altronde... prendi Saviano: in quanti hanno LETTO "Zero zero zero", ad esempio?
La gente che scrive è così: magari ti conoscono di nome, di fama, magari hanno letto qualcosa di te... ma l'ultima stronzata che hai scritto non se la incula nessuno.
Grazie a Dio, mi è restata una vita sociale, potrei anche andare a puttane se volessi.
(no, non l'ho ancora fatto, nonostante quello che si può pensare in giro... sembra strano, ma ancora no. pensa te! si può apprezzare l'est europa anche per altri motivi)

E niente, di quei viaggi di 32 km che non si inculava nessuno, e nemmeno io in fondo, non è rimasto niente, nulla, neanche questo post. Solo quel sentimento di futuro che faceva paura ma stimolava.

Faceva paura ma stimolava. Sentivo che stavo crescendo, invecchiando, maturando, e potevo chiamarlo come volevo, ma era importante e necessario.

E ora è tutto diverso, e uguale, o uguale, o diverso, o vaffanculo.

Bastava un tuo sms, una volta.

Ora di cosa abbiamo bisogno?

E' solo questione di tempo, e il tempo non va misurato in 24 ore.