mercoledì 31 dicembre 2014

I dischi nel 2014 (però, i miei)

Come vi ho già detto ho cominciato a postare anche cose leggermente meno psicotico e più a livello di "articoli", o perlomeno di "post tematici".
Un po' come facevo un tempo, un po' come non ho mai fatto.

E' tradizione di fine anno stilare classifiche in cui elencare GLI ALBUM DELL'ANNO, classifiche che servono principalmente a tirarsela, mostrando la propria cultura musicale, l'essere alternativi e indipendenti nel cassare o rivalutare album e artisti famosissimi o sconosciuti.

Non voglio sfociare in tutto questo, io non sono un esperto di musica, ma dico subito che di album veramente validi ne sento sempre meno... ma va anche bene così. Probabilmente l' "epoca d'oro" della musica c'è già stata, e quindi non serve che ogni anno escano centinaia di capolavori, ne bastano appena un paio, che tanto abbiamo già a disposizione centinaia di GB di bella musica.
Ed è per questo che non farò una "top ten", ma mi limiterò ad un podio. Prendendo in considerazioni solo l'Italia.

3) medaglia di bronzo per Ghemon - ORCHidee
Dopo anni di rap "old school" di alta qualità, Ghemon prosegue il suo percorso e svolta completamente (e forse anche definitivamente?) su sonorità pop e soul, con ritornelli spesso cantati dove sfoggiare le sue indubbie qualità vocali. Una band alle spalle (con tanto di coriste) e un approccio creativo diverso, con brani suonati, ma al tempo stesso le metriche vecchio stampo.
Orchidee è un album orecchiabile, con testi maturi, confezionato in maniera "pop soul" e quindi fruibile al grande pubblico: c'è da augurarsi che ora si accorgano di lui (e pare che finalmente inizi ad essere così), perché davvero non ci sarebbero più scuse.
In Italia sono davvero pochi quelli che compiono un percorso di questo tipo e riescono a produrre musica così interessante.
Difficile dire che questo sia il miglior lavoro di Ghemon, data la diversità con i precedenti: di certo lo preferisco ora, ma come si dice... degustibus.

2) medaglia d'argento per Brace - Puledri nello stomaco
Arriva 8 anni dopo il precedente lavoro dei Mr. Brace. In questi 8 anni Brace ha cambiato città più volte, nazione, mestiere, e ha messo da parte una dozzina di brani, in cui Matteo "Costa" Romagnoli (uno dei più interessanti produttori italiani nella scena cosiddetta "indie", al servizio della sua Garrincha Dischi, a sua volta una delle etichette più interessanti in Italia oggi).
Il risultato è notevole: la voce di Brace si muove bene, a volte in derapata e sui cordoli, in brani che spaziano dal pop al grunge passando per risvolti quasi "alla Beirut", dove le chitarre acustiche si fanno supportare da quelle elettriche, dove i pezzi energici si amalgano alle ballate.
Un po' un disco per adulti che hanno saputo conservare un qualcosa di bambino, dove la semplicità non diventa mai banale, e anzi, lascia spazio ad alcuni testi veramente arguti e pungenti.
Se un Ghemon (vedi sopra) ha dovuto aspettare l'album giusto... questo è già l'album giusto. Brace è già pronto per quello che sta succedendo ora ai Perturbazione... c'è da augurarsi che per avere ciò che si merita non debbano passare 10 anni e passare sotto la produzione di Max Casacci. Perché, davvero, quella di Matteo Romagnoli basta e avanza.

1) medaglia d'oro per Le Luci della Centrale Elettrica - Costellazioni
Il rischio era che Vasco Brondi (colui che si cela dietro il nome Le Luci della Centrale Elettrica, per i pochi lettori di questo blog che non lo sapessero ancora) finisse a fare dei dischi fotocopia, magari con qualche piccola perla, ma sempre più parodia di sé stesso.
E' arrivato Federico Dragogna, chitarra dei I Ministri, e ha rimescolato parecchio le carte in tavola. Il risultato è eccezionale, sia in studio che dal vivo, e ci regala un Vasco Brondi inedito, in una sorta di versione 2.0 (nel senso software del termine), dove la forma chitarra e voce accoglie nuovi strumenti e arrangiamenti.
Ma la novità principali è nei toni, probabilmente: il pessimismo cosmico brondiano scema, e lascia spazio a ottimismo, speranza, e addirittura gioia. Se il primo LP "Canzoni da spiaggia deturpata" resta una perfetta fotografia di uno scenario sul finire "degli anni zero", quest'album, a mio giudizio il suo migliore, rimescola le carte e da il via ad un Vasco Brondi pronto a rinnovarsi senza perdere la sua essenza.
Ero un po' curioso ma al tempo stesso scettico su questo album, soprattutto dopo il singolo "Destini Generali" (forse il brano che rende meno l'idea, molto più legati ai primi due lavori), ma poi non ho avuto alcun dubbio.
E andatelo a vedere dal vivo appena ve ne capita l'occasione. Anche se è un ferrarese. :)



Non salgono sul podio, ma voglio comunque menzionare:
Fabi Silvestri Gazzè - Il padrone della festa
A Toys Orchestra - Butterfly Effect
Riccardo Sinigallia - Per tutti
che sono comunque davvero belli, e meritano un ascolto.

Degli stranieri, forse c'è qualcosa di interessante, magari ne parlo in un altro post... ma onestamente non trovo molte cose che mi abbiano colpito particolarmente. Alla prossima... l'anno prossimo.


mercoledì 26 novembre 2014

Caro Babbo Natale

Caro Babbo Natale,
saranno giusto quella ventina d'anni che non ti scrivo. Come stai?
Che domanda paraculo: ti ho sempre scritto per ottenere qualcosa, e anche oggi è così.
Lontani i tempi in cui mi domandavo come tu facessi a entrare in casa mia, da me che non c'era il camino, e mio fratello A.A. mi rispondeva che tu eri abilissimo a smontare la finestra, entrare, e rimontare il tutto alla perfezione.
Un topo d'appartamento specializzato, insomma, ma in versione Robin Hood.

Che dire... non ho quasi mai ottenuto quello che ti chiedevo, a parte forse una eccezione, e sono stato contento lo stesso. Credo di averne fatto tesoro, se non altro a livello di esperienza: nella vita non ho quasi mai ottenuto quello che volevo, ma sono stato contento lo stesso.

Quindi, cosa ti chiederò quest'anno, consapevole che non lo riceverò?
Ti scrivo con 30 giorni di anticipo, un anticipo un po' inusuale soprattutto per me che amo sempre più le cose improvvisate e fatte a scazzo, ma che allo stesso tempo cerco di pianificare con sempre più anticipo tutto ciò che mi potrebbe causare disagio.
Ne deduco che tu faccia parte delle cose che mi potrebbero causare disagio.
E perché poi, in fondo sei solo un simpatico panzone, praticamente un Adam Duritz un po' più giovane e un po' più allegro.
Però sai cosa ho realizzato? Che arrivare in orario per far finta di essere una persona puntuale, è una bella forma di disonestà intellettuale. Che infatti non riservo ai miei amici più cari.
E tu dirai: a me che cazzo me ne frega? Niente. Ma tranquillo, adesso ti dico cosa davvero vorrei per Natale.

Mi piacerebbe un bel Natale: che è anche un regalo parecchio consumistico, dato che si esaurisce in poche settimane.
Ma sia, per una volta: un Natale fatto di luci, neve, the caldi, atmosfere, divani, Lucy Rose, Ben Howard, Bon Iver. Tranquillità e plaid (in realtà non ho un panarino nella mia nuova casa, regalami anche un plaid già che ci sei, magari di quelli Ikea, sempre che esistano).
Di coccole. E biscotti. E magari anche qualche film in divx.
Ma non i classiconi di natale eh, basta, che palle. Neanche robe alla Gondry che poi uno sta male. Ecco, forse l'Arte del Sogno. Che ha un bel finale. (non sto facendo uno spoiler, non sto dicendo che finisca bene o che finisca male, dico che ha un finale BELLO, e le cose belle a me piacciono e mi mettono di umore migliore, a prescindere che siano bene male o non sa non dice).
Un Natale non giorni di ferie che si riescano a combinare. Senza gente che rompa i maroni, o ansie da regalo, o cose da fare che uno non voglia fare.
Non mi va -> non lo faccio.
So che suona come un pesante scarico di tutte le mie responsabilità, ma cazzo, ti sto chiedendo che sia così per due settimane, anzi, togliendo qualche giorno di lavoro che comunque farò, saranno si e no 10 gg di calendario. In un anno, mi pare potresti concedermeli.
Giorni fatti di pensieri e parole, qualche opera, e perché no qualche omissione.
Che tanto tutto torna buono prima o poi, per un altro giorno, o un altro romanzo.
Non l'ho neanche scritto che ci starebbe bene una ragazza in tutto questo, anzi, che ci vorrebbe.
Posso chiedere anche questo?
Non capisco perché all'interno di questo desiderio il plaid dell'Ikea si e la ragazza no. Cos'è, ha forse meno ragione di esistere del film in divx, la mia ragazza.
Tanto anche lei non c'è, e andare a Natale, non ci sarà.
Come il plaid dell'Ikea. Come le atmosfere. Forse ci sarà un po' di neve, a cazzo. Forse Lucy Rose. Forse Ben Howard. Bon Iver no, non è ancora ora di rispolverarlo.

Ecco, Babbo Natale, ti ho chiesto il mio regalo.
Mi arriverà altro. Lo so. Va bene. E' sempre andato bene. Andrà bene anche quest'anno.

Non devo neanche dirti quando sono stato bravo e quando no. Penso tu sappia già tutto.

Bene, ti ringrazio come sempre per l'attenzione. Mi ricordo che a volte mettevo un regalo di riserva. Se proprio non riesci a farmi questo regalo, allora puoi regalarmi una Volkswagen Golf ultima serie (a benzina+metano, cerchi in lega, condizionatore, fendinebbia, autoradio USB, almeno un centinaio di CV, grigio metalizzato) o un tremila euro a scazzo. Saprò apprezzare.

Buon Natale.


giovedì 20 novembre 2014

DIVANO (già Jocelyn Pulsar)

PREMESSA: come sapete questo è il mio blog più o meno personale con deliri più o meno pseudonarrativi. La caratteristica fondamentale, è sempre stata quella di essere "a scazzo": ovvero scrivere più o meno quando volevo, più o meno di quello che volevo.
E' così che ho rinunciato a notorietà e fama come un Francesco Sole qualunque, ma anche alla saggezza e al successo di bancarella come Alessandro D'Avenia, e sono uno sfigato qualunque proprio come Enrico Atti.
Ma ai miei 35 lettori di media sta bene lo stesso.


Quindi, oggi parlo di DIVANO. E non del noto protagonista del salotto per cui ho una predilezione (ben prima delle scopate sul divano di Radio Nebbia... è nato tutto da Massimo Coppola e Brand:New), bensì la nuova band di Francesco Pizzinelli, precedentemente noto come Jocelyn Pulsar.

Chiusa ad inizio 2014 l'esperienza con il precedente progetto* (non senza sassolini delle scarpe), arriva ora il nuovo singolo "Il pezzo è bello se lo canta mia nonna". La band che accompagna Pizzinelli è sempre la stessa (Davide Zozzi alla batteria, Mario Ingrassia al piano e chitarre, Davide Ponti al basso) ma pare che diverse cose siano cambiate.
Il brano, fortemente carico di ironia sin dal titolo, è una sorta di manifesto canzonatorio del panorama indie italiano, del quale lo stesso Pizzinelli ha fatto parte (anche se parecchio ignorato dal resto della scena), e che dal quale ora prende le distanze. Una sorta di "io non ci sto", o perlomeno, non ci sto più: se l'indie è diventato mainstream, DIVANO non ne vuole più far parte.
Il pezzo è un reggae leggero ed orecchiabile, volutamente privo della malinconia che ha caratterizzato il precedente Jocelyn Pulsar, che continuare a ricordare alcune produzioni della Garrincha Dischi (ex etichetta di Jocelyn Pulsar).

Quello che forse più caratterizza la nuova strada intrapresa è il video, realizzato pressoché a costo zero, nel quale Pizzinelli mostra una serie di cartelli, ringraziando addirittura uno ad uno i suoi fan che hanno prestato la propria voce registrando la parola "giovane", creando un coro duepuntozero (ormai tutto quello che si fa con internet viene definito 2.0 anche dove il 2.0 non c'entra nulla, ho scritto duepuntozero solo per aver l'occasione di fare questa critica, ndr).
Se con Jocelyn Pulsar c'era una continua ricerca di un equilibrio vincente tra i delicatissimi e malinconici brani e le "dinamiche del mercato indipendente", qui DIVANO prende completamente le distanze, puntando sul "noi facciamo come ci pare, e chi ci ama ci seguirà".
Funzionerà? Ai posteri l'ardua sentenza... comunque per ora Pizzinelli sembra soddisfatto e per nulla pentito.

L'album uscirà a gennaio 2015, e Pizzinelli anticipa che rispetto allo stile acustico-cantautorale di Jocelyn Pulsar avrà una maggiore importanza la sezione ritmica, ed è l'ennesima dimostrazione che non si tratta solo di un cambio di moniker (anche qui, ho scritto moniker solo per potervi dire che odio la parola moniker e mi sembra ridicolo trovarla scritta negli articoli in italiano, ndr) ma proprio di una nuova fase per Pizzinelli e "i suoi ragazzi", che ci tengono a definire DIVANO un gruppo a tutti gli effetti: il "progetto" Jocelyn Pulsar è definitivamente chiuso.


* avevo postato qui "Arkanoid", ultima traccia di "Frutta fresca nel backstage", ultimo EP di Jocelyn Pulsar, in anteprima assoluta per Blogorroico. Ovviamente in gentile concessione gratuita da parte di Jocelyn Pulsar.
Questo articoletto è una mia spontanea iniziativa, da lui non prendo un euro, spero solo di dargli la visibilità (la nuova moneta degli anni '10, presto pagheremo tutto con la visibilità, altro che i bitcoin) che penso si meriti. Poi se vi piace, se volete ascoltarlo, o comprarlo, quello lo decidete voi. Io vi ho detto che esiste e che penso meriti almeno un ascolto (già che ci siete, ascoltatevi anche qualche pezzo vecchio come Jocelyn Pulsar!)

mercoledì 29 ottobre 2014

Dopo gli Smiths

E' un po' come essere arrivato dopo Morrissey, dopo "Please please please let me get what I want this time".

Cioè, hai passato anche una canzone che durava più il titolo che la canzone stessa, hai rotto i coglioni a Dio chi per esso (o per Esso, in una questa società controllata ancora dai petrolieri), hai avuto quel cazzo che volevi, o forse te lo sei andato a prendere da solo e pure portato a casa come fosse una pubblicità della Nike (che i vestiti no, ma le pubblicità, ah, come le facevano loro...), e adesso, che cazzo vuoi?
Sarà anche finito tutto, ma nel mentre tu hai voluto quello che volevi, no?
E ora che cazzo ci vieni a rompere i coglioni?

Mi dispiace, è il turno di un altro, per piangere al cielo, e invocare pietà sulle note dei The Smiths.

A te resta Heaven knows I'm a miserable now.

Che palle.

Ti resta solo da cambiare la discografia, e partire da capo.

Hello.

Du maron.

Pensavi che 30 anni fossero serviti a qualcosa.

E forse forse, sono solo serviti ad aggiornare iTunes una decina di volte. E di più.

Hello. Whatever people say I am, that's what I'm not. What's the story, morning glory?


mercoledì 1 ottobre 2014

I gatti che amano la vita

E poi dove vivo, una città dormitorio dalla quale scrivo
in un paese di ciechi e di sordi - che speri
si rivelino
più cechi e più Sordi quello che credi,
o di quello che vedi
in città dormitorio dove nemmeno trovi da parcheggiare
eppure ci vivi - ci credi?
in quelle tre vie triangolari dove ogni sonno si sembra fermare.
Saranno i gatti che voglion morire
- ma no -
ma la tua vita si svolge su strade molto più lontane,
da dire, da fare
come neanche potessi sentire
il rumore del mare, o una farfalla volare
o semplicemente un treno merci partire.
Che esempi di merda, poi, mica viviamo nelle città Lego
eppure qui l'ego
che nemmeno lego
ci porterà altrove, su ali fatate, o semplicemente datate
a rincorrere eterne chimere
qui, 40 km dalla ciminiere
che luci della centrale elettrica non sono
e non saranno mai
ognuno a rincorrere i suoi guai,
oppure non ci incontreremo mai, ma saremo comunque pronti
anche a non essere amici di Vasco, né Rossi, né Brondi.

Ma le strade davvero qui vanno lontano,
molto oltre questa mano
in un sogno che passa per ogni distributore
nel giorno, nella notte, nell'amore
di chi, di cosa, di che, oh
è passato un cartello, guarda te
come si cambia in fretta provincia, regione, credo e religione
pur di trovare una sola ragione.
Che si vive per raccontare tutto a 40, 30, 20 persone
o anche forse solo una
che i momenti per cui vale la pena vivere non sono quelli in cui respiri
ma quelli che il fiato te lo tolgono
però devi respirare subito dopo, e te lo devi ricordare
sennò è un momento indimenticabile - si ma perché è un infarto
e allora su certe cose non ci dobbiamo scherzare.
Non si scherza sui morti, sui santi, sui fanti,
sugli alfieri e sui re, guai a chiedere perché, su questa scacchiera
e intanto si fa sera
sulle nostre case in affitto, sui sogni emiliani pagati con rate di mutui
e con cartellini quotidiani.
La mia sera giunge al termine, ma non
mai e poi mai
la mia voglia di credere che possiamo
e dobbiamo
arrivare a qualcosa di diverso
perché in fondo lo possiamo avere, un finale migliore
se non altro per trovare un cazzo di parcheggio più vicino a casa.


lunedì 22 settembre 2014

Autointervista: il vero motivo per cui sono tornato da Londra (tutta la verità!)

Non sarò breve: e lo dico fin da subito. Perché dovete sapere che a volte le cose non si possono sempre semplificare, o sintetizzare, sennò si perdono le sfumature, i dettagli... e le cose assumono un senso diverso.
Volete la verità? Beh, non dico sia complicata, ma di certo è lunga.

Ah, quindi in questi anni ci hai mentito?

No, mai. Oppure, si, ma non mi ricordo che balla vi ho detto. Di sicuro vi ho detto una piccola parte della verità. Non vi ho mentito, ho semplicemente omesso alcuni dettagli. Fatemi cominciare.

Vai...
Riassunto delle puntata precedenti: ho vissuto a Londra dall'agosto 2010 a marzo 2011 (e in seconda battuta da marzo 2012 a luglio 2012, ma oggi non parlerò di questo).

Lo sapevamo già, vai al dunque.
No, non tutti, e comunque era importante ricordarvi questa cosa dei due periodi. Parlerò solo del primo. Fatemi andare avanti.
Ero a Londra, mi piaceva la città (e mi piace ancora... ma con il tempo, forse l'età, forse le naturali cose che cambiano della vita ora forse ho imparato a conoscere bene i suoi difetti. E il fatto di conoscerli bene, a volte vuol dire anche prevenirli, o sopportarli. Prima forse ero più... incosciente/passionale), iniziavo ad avere degli amici, a migliorare con l'inglese, e così via. Avrai potuto trovare un altro lavoro che mi piacesse di più che fare il cameriere, pagato meglio, meno stressante e faticoso, e con orari più "sociali"... e che mi permettesse qualche weekend l'anno per tornare a Cento. Avrei dovuto migliorare parecchio il mio inglese, e mettermi in cerca. Una cosa sicuramente a sua volta stressante e parecchio impegnativa (come si dice, cercare lavoro è un lavoro) soprattutto a Londra, ma fattibile.

Atti... taglia corto... abbiamo capito... volevi restare a Londra... perché sei tornato?
Ecco, ci sono: io volevo fare lo scrittore. E scrivo in italiano. Ho sempre scritto in italiano, in inglese ho scritto qualche breve pensiero, ma non possedevo (e non possiedo ancora) un livello tale di inglese da avere la stessa prosa che ho in italiano. E inevitabilmente (per quello che riguarda il mio stile) la lingua che usi influenza la tua prosa, e anche leggermente i tuoi contenuti.
E a me piace l'italiano. Gli italiani meno, ma l'italiano si. E io volevo scrivere in italiano. Anche per parlare agli italiani. A voi (miei lettori / follower), innanzitutto.

Ok, vabbè. Ma non potevi continuare a scrivere in italiano, e nel mentre vivere a Londra?
Si e no. Si, Anche se a Londra piove (e altri racconti, credo) sono stati scritti mentre ero a Londra. Quindi si, si può tranquillamente scrivere dall'estero (anzi per certe cose è sicuramente più di ispirazione, sarà la distanza).
Però... no, non è possibile farsi pubblicare dall'estero. A meno che tu non sia seguito (e soprattutto lanciato) da una grossa casa editrice.

Ma tu hai provato a farti pubblicare da una grossa casa editrice?
In realtà questa domanda non me la fate di solito. Ma vi rispondo lo stesso: no. Sono andato dritto su Tempo al Libro perché la conoscevo. Mi piaceva come lavoravano, mi piacevano le loro opere, e mi fidavo di loro. E sono contentissimo della mia scelta.
(In ogni modo, le grosse case editrici è molto difficile che anche solo leggano veramente il tuo romanzo... forse prima o poi proverò, comunque.)

Tempo al Libro... e quindi? Dicci, dovevi per forza tornare in Italia per farti pubblicare da Tempo al Libro?
No, non per forza. Ovviamente non me l'hanno chiesto loro. L'ho deciso io. Credo che, perché un buon "prodotto artistico" abbia successo, ci vogliano tre cose.
1) Qualità: al di là dei gusti, credo ci sia. D'altronde un minimo di presunzione ci vuole per fare gli scrittori, no?
2) Diffusione: intendo l'abilità di mettersi in mostra, attraverso tutti i canali possibili. Ritengo di averne le capacità e di avere fatto qualcosa di buono, ma ancora di non essermi giocato tutte le carte.
3) Culo: un po' di fortuna ci vuole sempre. Ne ho avuta forse un po', può essere... di sicuro, botte di culo epocali ancora no.

Si ma non hai ancora detto...
...che palle! Fammi arrivarci! Allora, tornando ai tre punti di prima... qualità e culo li puoi avere anche da Londra, ma per come funziona il mercato letterario/artistico, sapendo già di avere un buon bacino di lettori/fan a Cento e dintorni, per me era fondamentale tornare sul territorio. Se volevo fare lo scrittore, in italiano, facendomi pubblicare, e vendendo, io dove stare qui. A Cento/Bologna/Ferrara.
E così ho fatto.

Quindi sei tornato per fare lo scrittore. Ma ora fai altro...
Si e no. Si: è vero, la mia principale fonte di reddito è un altro lavoro, che se vogliamo può anche avere qualcosa in comune con lo scrivere, ma di certo non è nell'editoria o nel giornalismo. (Mi occupo di comunicazione e business process management... che non voglio fare il figo, ma in italiano è troppo lungo, e comunque non è il post e nemmeno il posto in cui parlarne).
Ma devo anche dire che in questo momento storico, fare lo scrittore in Italia spesso vuol dire questo: tenere la scrittura come hobby/secondo lavoro. Statistiche alla mano, ci sono una decina (10!) scrittori in Italia che vivono di soli romanzi (Baricco, Fabio Volo, ecc...) e altri 60-70 che vivono dei romanzi di attività correlate (giornalismo, sceneggiature, radio, autori per comici, ecc).
Io non rientro nemmeno in questi 60-70, ma faccio parte degli altri circa 30mila scrittori in Italia che vendono almeno 50 copie l'anno... e sono comunque nella parte alta della classifica: ci sono altri 30mila scrittori che sono pubblicati ma vendono meno di 50 copie l'anno.
Quindi... si, mi sento di dire che sono uno scrittore. E faccio lo scrittore, anche. Non solo quello.

E io che pensavo che fossi tornato perché ti mancava Cento... però, da quel che ho letto in Anche se a Londra piove, pensavo che Londra ti avesse un po' nauseato...
Per carità, di sicuro Londra mi ha anche nauseato, come ho sempre detto c'è una forte ispirazione autobiografica in quel romanzo. Ma al tempo stesso ho anche sempre detto che IO NON SONO GIULIO!

Sicuro? No, sono sicuro che una volta hai detto "Io sono Giulio"...
Si, Giulio è una sorta di alter-ego della mia personalità, se vogliamo. E abbiamo tanto in comune, così come la mia e la sua esperienza londinese possono definirsi davvero simili.
Simili, ma non uguali! Quello che pensa o fa Giulio non è esattamente quello che ho pensato o fatto io. Abbiamo due vite diverse e due età diverse (io a Londra ero 26enne, Giulio è 19enne).
Ad esempio, Giulio si ritrova spesso solo, nel romanzo (non svelo niente sul finale, no spoiler). Anche io ho passato molti momenti in solitudine, ma a differenza di Giulio ho conosciuto più amici e trovato più persone. Ero meno solo di lui, anche in questo caso l'alter-ego di Giulio mi è servito per estremizzare una situazione (che comunque a sprazzi e fasi alterne vivevo anche io) e renderla più romanzata.
Anche qui: nessuna bugia, la solitudine di Giulio è la stessa mia e di tanti altri (anche tra voi lettori, siete stati in molti a dirmi che vi siete riconosciuti), semplicemente è stata messa in una forma "da romanzo". E se Giulio pensa certe cose di Londra... non le penso esattamente tutte nello stesso modo. Più di così non posso dire sennò spoilero chi ancora deve leggere.

Si si, ho capito. Vabbè. Eh, allora sei tornato per scrivere e scrivi... beh cacchio, sarai contento, no?
Si, di sicuro lo scrivere è una delle cose più belle della mia vita e avere cominciato a 28 anni (di certo non presto, ma neanche tardi) mi fa molto contento. Oltretutto il fatto di avere la scrittura come hobby mi permette di non avere pressioni sui tempi e sui contenuti di quello che scrivo. Continuo a scrivere quello che mi pare, quando mi pare, e se verrà pubblicato, tanto meglio.
Poi, è un po' limitante sapere che molto probabilmente la scrittura non sarà mai il mio unico lavoro... ma vabbè... mai dire mai, no? Se capita... tanto meglio.

Però poi forse avresti delle pressioni sui tempi e sui contenuti...
Eh, infatti. E' ben per quello che a volte ci penso e preferisco avere questo tipo di "pressioni" nel mio lavoro principale come dipendente, piuttosto che nel mio hobby/secondo lavoro artistico.

Si, capisco. Senti ma... poi però ci sei tornato a Londra... perché? E poi perché sei ri-ritornato qui? Che poi in realtà il libro l'avevi pubblicato dopo la seconda volta......ma saranno anche un po' cazzi miei, o no? Comunque quello che ho scritto sopra è la verità. Se ci sono altri parti di cielo che non ho voluto illuminare, sarà che forse ci stanno solo delle nuvole, o che nascondono delle stelle che voglio tenere solo per me.

Eh tutta 'sta poesia così all'improvviso... ma forse vuoi dirci che...
No, era solo un preambolo romantico per dirvi che... ma no, non voglio essere volgare. Lo faccio dire ai The Pills. Non saprei dirlo meglio.




mercoledì 10 settembre 2014

Score or die tryin' (nell'anno dei mondiali spesso vincono i check-in online)

Dicono che se c'è l'amore c'è tutto, ma poi l'amore sto cazzo che ti riempie il conto corrente.

Ma non sarebbe stato quello il problema, ci sarebbero stati euro a sufficienza. Credo che alla fine mi avrebbe pesato tutto un sacco, così come l'umidità.
Sentire di aver orientato la vita in una direzione e trovarsi con niente in mano, per colpe nemmeno tue.

Sarei sceso dall'autobus con due valigie in mezzo alla polvere.

Però forse ne sarebbe valsa la pena.

Forse avrei concepito un figlio alle 14:58 (che è anche quell'orario un po' dopopranzo che raramente hai voglia di fare qualcosa, figurati fare un figlio) e penso che comunque sarebbe stata la cosa migliore.
Comunque.

Alla fine, figlio a parte, non sarebbe poi molto diversa da adesso. O anche figlio incluso.

O forse no.

Ma come si fa? Come avrei fatto?

E allora è meglio così, e dev'essere sempre meglio così perché non c'è mai un'alternativa a quello che abbiamo.

E' che mi sembra di aver sbagliato un altro rigore. Di averlo tirato fuori. Peraltro cosa rara, di solito me li paravano: che è anche peggio se uno ci pensa bene, ma non so, sembra quasi che sia stato bravo il portiere, per quanto tu lo possa tirare male. In fondo il più rigore è più difficile pararlo, di quanto sia più facile sbagliarlo.

E tra l'altro è una brutta partita lunga in cui forse non dovevo nemmeno giocare, ma magari qualcuno ha pensato "potessi fare la differenza". Differenza de che. Onorato del pensiero, per carità, ma purtroppo la realtà è questa.

A Gotti che legge piacciono sempre tanto i miei paragoni calcistici: anche a me, evidentemente, sennò non li utilizzerei. Meno mi piacciono le situazioni che a volte li generano: ma tant'è. Ce ne sono, di cose che non mi piacciono. Ora ce n'è una in più.

Oh, poi non è mica successo niente eh, come sempre. A volte le cose potrebbero anche andare un po' meglio, eh. A volte poi le cose vanno bene davvero.
Perché la vera tragedia è Gaza, gli aerei abbattuti per errore, Ustica, la gente morta nella Costa Concordia, le guerre in Africa, i clandestini che annegano. Queste sono le tragedie.

Questa è solo tristezza. Soltanto bellissima tristezza, poeticissima tristezza, come il male di vivere, i panorami terribili dell'Emilia, e poc'altro.

Ma non la tristezza che ho, o che non ho, è solo la tristezza delle cose, che non è mia, e nemmeno tua, è delle cose, appunto. E può anche essere bellissima.

E poi lo sappiamo. Gli anni dei Mondiali portano sempre risultati strani. Spesso vince la squadra dei check-in online.
Però noi stiamo rinforzando la squadra. E giocheremo fino alla fine. Abbiamo un pubblico che merita il massimo. E se il massimo è stata la permanenza in A, allora ci sarà perdonato lo scarso spettacolo che abbiamo offerto.
Ma la gente vuole il gol. O perlomeno, che la si emozioni provandoci.




lunedì 25 agosto 2014

Sul viaggiare da soli

Di solito su Blogorroico ci scrivo sempre e soltanto io: se voglio condividere cose di altri uso Facebook, o Twitter. Però, questa volta...
1) Quello che sto per condividere è un estratto di un post più lungo, e non ha un direct link (anche se poi vi consiglio la lettura di tutto il post)
2) Questo è il mio blog e come sapete ci faccio quello che mi pare.
Quindi ecco una bellissima riflessione di Andrea Girolami, autore e giornalista di Wired (tra le altre cose, creatore di "Pronti al Peggio") ... sul viaggiare da soli.
Sul viaggiare da soli
Dopo aver attraversato negli anni la Scandinavia, il Perù, il Giappone e i Balcani mi sento nella posizione di chi pensa di aver capito qualcosa riguardo il viaggiare da soli e ora ve lo vuole raccontare. Per prima cosa quando si parla del viaggio in solitaria lo si descrive come il massimo grado di egoismo possibile. È vero il contrario: viaggiare da soli significa il totale annullamento del sé. La maggior parte del tempo è spesa osservando gli altri: nei ristoranti, per strada, nelle lunghe trasferte a bordo di ogni mezzo di trasporto. La mente vaga senza meta e l’unico appiglio è quello di studiare i volti, i movimenti, provare a indovinare i pensieri chi ci sta vicino. Infatti anche se siamo gli unici protagonisti di un viaggio del genere non si fanno selfie (ok a parte quella che vedete qui sopra). Foto del genere sono la testimonianza di un momento condiviso o da condividere con altri mentre il viaggio in solitaria è qualcosa di differente. Siamo spettatori di qualcosa che accade attorno a noi attraversandolo senza lasciare traccia.
Viaggiare da soli vuol dire entrare in decine di bar e ristoranti, guardare negli occhi il cameriere dire “Hello, I’m alone”. Da giovane si parte in solitaria con la convinzione di riuscire a fare ciò che non ci sarebbe permesso accompagnati da gruppi numerosi o fidanzate. Una volta cresciuti accade l’esatto contrario. Tutto quello che vorreste fare non vi riesce proprio perché siete soli. Cenare in un posto particolarmente carino perde di senso e anche se decidete di andarci vi diranno che è tutto pieno perché con voi incasserebbero solo la metà che con la coppia innamorata alle vostre spalle in fila per sedersi. Viaggiare da soli vuol dire trovare il proprio ritmo perfetto giorno dopo giorno. Essere sempre più efficienti negli spostamenti, nell’organizzazione del proprio ristretto spazio vitale. Sapere dove mettere l’asciugamano bagnato dopo la doccia, come ripiegare i vestiti nello zaino, dormire nei posti e negli orari più improbabili fino ad essere così stanchi da perdere la memoria e scivolare in quella sorta di trance che accompagna sempre gli ultimi giorni prima del ritorno. Ho conosciuto persone che non hanno mai dormito in un ostello e mi chiedo come possano vivere senza aver provato un’esperienza del genere. Condividere camerate da otto o più dove tutto è alla rinfusa, dover trovare la giusta posizione in luoghi in continuo mutamento dove si è sempre solo di passaggio è la metafora dell’esistenza più limpida che mi possa venire in mente.
Capisci che è il momento di smettere di viaggiare da solo quando ti trovi ad immaginare persone con cui vorresti smarrirti nei vicoli della città e condividere l’entusiasmo di ciò che sta accadendo. Credo di aver perso la voglia proprio durante questo ultimo giro in cui sono riuscito a viaggiare senza nessuna paura o nervosismo, anzi più probabilmente mi sono stancato proprio per questo motivo. Ogni viaggio in solitaria è una scatola di madeleine che contiene e richiama tutti gli altri fatti in precedenza. Anche questa volta ho camminato per ore sotto la canicola come era successo in Giappone, ho attraversato in bus decine di paesi di montagna uguali tra loro come in Norvegia, mi sono accompagnato all’amica dissenteria come in Perù. Infine lo scrivo in modo da non dimenticarlo nuovamente. Al ritorno da ogni esperienza del genere è estremamente chiaro come il fine ultimo di ogni viaggio in solitaria è proprio quello di desiderare e amare nuovamente la compagnia degli altri esseri umani.
Andrea Girolami
Tratto da: http://nonsischerzapiu.tumblr.com/tagged/unasettimananeibalcani (e vi consiglio di leggere anche il resto del post)


mercoledì 30 luglio 2014

Estate è dove traslocano le case


Estate, è dove traslocano le case
smonti rimonti avviti chiudi

è lavarsi senza l'acqua, asciugarsi senza corrente
vestiti spiegazzati, sfrecci, un'anta in faccia
corro senza le chiavi, calcio l’ultima sedia
alzo il volume rimane la porta spalancata
senza luce gas acqua
appoggio tutto morbido il polveroso l'appiccicoso
vado in bici in macchina in aereo
a piedi sulle grucce, i miei cuscini rotti
parlo col cane, parlo col padrone, parlo di cose che sto per coprire
estate stellare memorie portoni zanzariere
andiamo non andiamo, terzo piano
mal che ci vada un sonnellino, altri tre giorni senza lavandino
rotto il sole, il temporale, la festa condominiale
i conti li pagherò quando sarò tornato
mi devi tre IBAN
io un cacciavite a stella un po' spuntato
ma ora piego ancora un po’ di cose, un po’ di stracci in questa meraviglia
la notte buio piastrelle la Punto cresce decresce
ci s'impiglia
cambio casa in settimana: la mia estate italiana.

(Enrico Atti)





mercoledì 21 maggio 2014

Two Fingerz In One Throat

Ora che (non ti sembra buffo), 
ora che (proprio ora che non serve più), 
ora che non serve più (riuscire a dare un senso un senso a tutto) ...

Il mal di testa, la sonnolenza, e il Napoli che vince la Coppa Italia.

C'era anche il pesce freddo nel frigo, che non era nemmeno per me, ma l'ho mangiato lo stesso perché avevo fame.

(...) ma soldi non ne ho 
e a dir la verità, non ho nemmeno un tour 
ho solo qualche data qua e là 
e se potessi ti regalerei sole ma per ora devi accontentarti di un'abat-bajour (...)

Non c'era nessuno per strada. Nessuno aveva voglia di andare da nessuna parte. Chi poteva partire era già partito nel pomeriggio. Gli altri erano rimasti. Dovevano rimanere.

(...) il talento ti trattiene in catene i sogni, ma non ti mantiene (...) 

Solo io me ne sarei andato a breve. Dovevo lavorare. Altrove.
Io e pochi altri.

(...) perché il sogno te lo scegli da bambino 
e il tempo passa e sbiadisce lo scontrino 
così a trent'anni ti svegli vuoi cambiarlo (...)

Che cos'è rimasto di tutto questo?
No, non i vostri ricordi mediocri di un tempo in cui si è stato ipocritamente uniti.

Cioè che è stato, in quello stato, in altro Stato, per quel che è stato.

Temo non sia rimasto più niente.

Non ti sembra buffo? Ora che non serve più, proprio ora che non serve più, riuscire a dare un senso, un senso a tutto?

Si, isn't it ironic, don't you think? Certo che se sono capace di dare un senso a parte della discografia dei Two Fingerz, allora questo e altro.


P.S. vabbè, c'era pure Dargen.

martedì 6 maggio 2014

Lo studente fuoricorso

(continua da qui)

[...] questo simil cambiare, o cambiare con una leva del cambio in similpelle, mentre più più probabilmente mi abbasso sempre di più come il muso di una F14-T e cerco di andare avanti fendendo l'aria senza strisciare, quando neanche la prospettiva di dissolvermi in volo come una stella cadente con la scia è realisticamente possibile, e quando anche del gettarmi via la sera per raccogliermi la mattina e riciclarmi il pomeriggio inizio ad esserne stanco.

Forse c'è un'altra alternativa, forse siamo all'inizio di una grande stagione, ma forse, con una seconda ipotesi tanto semplice quando destabilizzante, noi siamo diventati lo studente fuori corso.


C'è un giorno in cui hai ventanni o poco più e vai a lezione all'università. Ti metti a metà dell'aula che è mezza vuota. E scopri che in fondo c'è un tipo strano.

La barba un po' incolta, vestito un po' meglio di te, sembra quasi interessato alla lezione. Una borsa/zainetto semivuoto, un quaderno per gli appunti, una semplice bic in mano, gli occhiali indosso/gli occhiali da sole appena tolti.
La prof comincia la lezione e chiede "siete tutti del nuovo ordinamento"? E si alza una selva di mani, compresa la tua.
"C'è qualcuno che non è del nuovo ordinamento?"
E dal fondo si alza una mano. La sua.

"Io sono del vecchio ordinamento, curricula Pubblico e Sociale, dovrei dare l'esame da 6 crediti invece che cinque."
"Ah... ok. Si fermi qui dopo la lezione che parlo con lei del programma."

Poi passano gli anni, passano gli esami, ma non tutti, e non tutti al primo colpo, e a un certo punto vai a lezione con la barba un po' incolta, vestito un po' meglio degli altri, quasi interessato alla lezione, ti metti in fondo all'aula, tiri fuori la tua bic e il tuo quaderno dallo zainetto semivuoto e... cazzo, lo studente fuori corso sei diventato tu. Senza nemmeno accorgertene.

Capisci? Hai guardato per una vita questi trentenni scapoloni che ti facevano anche un po' tristezza, anche se rispettavi il loro apparente muoversi nel mondo guidati da un qualcosa di sicuro (il lavoro? la fede in Gesù Cristo? boh, una delle due, perché apparentemente non è che potessero credere così tanto nei Radiohead o nella Premier League), che avevano sempre una parola azzeccata per tutto e ora...

...e ora il trentenne triste sei tu.
Ma come.
Ma come cazzo è possibile.
Ma quando è successo.
Ma com'è che non mi ha avvisato nessuno.
Ma quando è successo? Cioè cosa stavo facendo? Perché non mi avete chiamato?
Ma cazzo.
Ma era ieri che correvamo dietro a un pallone e...
...e ora lo studente fuori corso sei tu, ora il trentenne triste sei tu.

Sicuramente da qualche parte hai sbagliato qualcosa - va anche detto che ci sono un sacco di cose sbagliate che non sono dipese da te.


E poi è vero, a trent'anni qualunque cosa fai finisci per essere patetico. Pensateci bene. A trentanni non puoi più
1) impiccarti (oltre che patetico poi saresti anche morto)
2) tingerti i capelli di colori del cazzo

3) andare palesemente a figa da delle 18enni
4) tagliare i capelli con dei tagli strani
5) fare l'erasmus
6) fare elenchi di merda che sembrano quelli dell'oltreuomo.

E una serie di altre cose che evito per non sconfinare troppo nel suddetto punto 6.

Poi un giorno vi faccio un post felice e positivista così siamo tutti più contenti e andiamo a fanculo con il sorriso. Perché l'importante è andare a fanculo, ma poter andarci sereni.




giovedì 17 aprile 2014

Mi ero tanto sbagliato

Fanculo...

...a quelle che devono trovare loro stesse.
...a quelle che manco staranno da sole per due weekend di fila in tutta la loro vita.
...a quelle che non capiscono le battute, e magari se ne hanno pure a male.
...a quelle che con la coda di paglia si sentiranno prese in causa, e mi chiederanno in privato "parli di me?". Si parlo di te, ma ti risponderò "no, non ti preoccupare!". Oppure no.
...a quelle che io sono una persona seria e faccio cose serie fino a che non faccio una cazzata, e forse nemmeno a quel punto mi rendo conto tardi che seria non lo sono mai stata, e che quindi potrei essere più coerente ed onesta con me stessa.
...a quelle che scopare si fa ma non si dice, oppure proprio non si fa e basta, perché di no, che non sta bene.
...a quelle che fanno le sceme, ma non sono mica sceme del tutto. Io starei attenta a giocare con certe persone perché poi è un attimo trovarti a riflettere di fronte a un blog.
...a quelle che cambiano il treno a Bologna Centrale e aprono Tinder.
...a quelle che devono sempre viaggiare. Un posto ve lo suggerisco volentieri.
...a quelle che "dai vieni a trovarmi! però non questo mese, non il prossimo, e... non lo so, improvvisiamo" che tanto io non ho mai un cazzo da fare dalla mattina alla sera, non ho mica da lavorare, a me la vita me la finanzia direttamente l'UE.
...a quelle che non rispondono ai messaggi. Non è che voglio scopare tutte quelle a cui dico "ciao". (Ok ammetto che di solito al 95% è così, però qui non è questione di sesso, rispondere è questione di educazione)
...a quelle che non si muovono da casa se non le passi a prendere in macchina con il tappeto rosso.
...a quelle che "ho scordato di dirti che non sono sola".
...a quelle che scherzano di continuo su tutto. Chissà se scherzi anche quando c'è da scopare con il tuo ragazzo. Lui forse scherzerebbe meno.
...a quelle che prima o poi ci vediamo.
...a quelle che "dai quando passo di li ci vediamo" e non passeranno mai di qui e già lo sanno. Metti almeno un "magari" davanti che almeno alleggerisci la stronzata.
...a quelle che sei troppo vecchio, sei troppo giovane, sei troppo diverso, sei troppo amico.
...a quelle che stanno vivendo un momento difficile della loro vita. Svegliati cara che la vita è tutto un momento difficile, prima lo capisci e prima cominci a vivere davvero.
...a quelle che vivono a Stocazzo Milanese per spendere meno, così hanno i soldi da spendere in taxi per tornare a casa in provincia e piangere al sicuro.
...a quelle che da ubriache è tutto un saluto, e da sobrie faticano a dire ciao.
...a quelle che diventano dottoresse per curare il tuo alcolismo. Grazie mille, ma quando ero in depressione voi eravate in ferie o lavoravate in un altro reparto?
...a quelle che non sei più figo perchè non vivi più a Londra.
...a quelle che se non hai lo scatto fisso, lo sciarpino, il camcino, la scarpa marroncina e il pantalone risvoltato da alluvionato penzalino sei un provinciale di merda.
...a quelle a cui in realtà non mi stavo riferendo davvero, ma che si sentono chiamate in causa.

Fanculo.


Questo post è una libera creazione artistica ispirata dal nuovo singolo de Lo Stato Sociale.



giovedì 3 aprile 2014

E scenderemo piano

E scenderemo piano, come luci luminose (che pare 'na cazzata, però i fari poi se non li accendi sono luci spente... si si ridi pure, ma se vi ferma la stradale cazzi vostri) a illuminare quelle che sono le nostre vite, tra il tentativo di dissolverci in volo come stelle cadenti, e la voglia di irradiare tutta una pianura di primavera in primavera.
Ci siamo già stati qui: riconosco i colori e le insegne, che mi insegnano che non imparo mai.
Ci siamo già stati qui: e obiettivamente è un posto del cazzo, pare Queensway, ma Queensway a Londra, è tutto finto e pieno di italiani che blaterano, insomma tanta gente di merda in un posto che se fosse vuoto sarebbe ancora più di merda.

Ma noi non apparteniamo a questo posto, noi non apparteniamo a questi colori: noi siamo di dove hanno le Fiat Uno del '92, di dove nei bar hanno il Winner (senza Taco, proprio il Winner e basta), di dove la wi-fi prende bene e prende ovunque, dove Maria Antonietta suona nei bar a caso senza biglietto, come se fosse a farti le sorprese, dove ci sono i romanzi, hai capito? i romanzi, proprio, dove le storie possiedono finali più forte di questo, con tinte più forti.

Forse ora viene a piovere, peccato, è stato bello tutto questo sole.

Ma se c'è una cosa certa, è che può piovere per sempre, e che Brandon Lee sia morto e io no, quindi di certo farà fatica a smentirmi, e farà anche fatica ad accorgersene che di cose, in fondo, ne ho dette due.

Va persino tutto troppo bene per credere che possa andare bene per davvero.

Questo blog non è fatto per essere capito, ma è fatto per essere vissuto e condiviso, così come le emozioni di chi legge, gli articoli di Wired, e i bei dischi.

lunedì 17 marzo 2014

Perché sono tornato da Londra

1) In realtà è una domanda a cui rispondo molto spesso, a volte anche senza che me la facciano, anche se la verità non la dico quasi mai.
Non che sia complicata, non che ci sia qualcosa da nascondere, è che è un discorso molto lungo da affrontare e forse la maggior parte delle volte non interessa veramente a chi me lo sta chiedendo.

2) In realtà se facessi davvero la vita da scrittore, comunque dovrei scrivere articoli per siti e testate più o meno prestigiosi, e sarei sempre senza idee e stra-in ritardo... e mi ritroverei a scrivere queste cose la notte tardi, sbronzo, oppure oltre il termine, la mattina tardi. Ma te lo vedi Il Fatto Quotidiano a cagarmi la minchia sul cellulare perché non gli ho mandato un cazzo di articolo su Sanremo? Che poi neanche lo trovi su youtube Sanremo...

3) In realtà la vita da scrittore la faccio già ed è questa: sto scrivendo su un cazzo di blog che non si caga nessuno un post che non si caga nessuno, e domani alle 8.30 son già li a lavorare per un incontro urgente, che peraltro ho dovuto fissare io. Alla sera ho un programma radio che vedi sopra, poi si va di nuovo a letto stanchi e svogliati. E si riprende a lavorare. Se vuoi scrivere, togli altri 60 minuti al tuo sonno. Poi aggiungi una presentazione a cui non verrà nessuno, in cui venderai 3,4 copie (nel senso decimale del numero) dal quale si e no ti rimborserai la benzina (che poi a 30 anni arriverà il GPL nella tua vita, e se è davvero l'unica innovazione, allora chiudetemi nel bagagliaio al posto della ruota di scorta).

4) In realtà, poi tante altre varie ed eventuali. Dalle quali ricavare racconti. Che non si cagherà nessuno. Ecc ecc ecc bla bla bla.

5) In realtà è"questa bellissima provincia di merda" che sembra anche un verso di Vasco Brondi

6) In realtà sto usando "in realtà" dopo che mi sono accorto che ne stavo abusando spontaneamente, e solo dopo ho deciso di farne una regola.

7) Sono tanto vicino al camb... ah no.

8) In realtà, sono tanto vicino al cambiamento quanto alla stabilità. Di cosa, poi, non lo so. Era solo una sensazione.

9) Oh dai... In realtà, oh dai, tra poco facciamo dieci punti che LeDieci sarebbe contenta ma anche l'Oltreuomo si troverebbe a suo agio.

10) Mi pareva il momento (in realtà) di scrivere qualcosa di mio dopo che l'ultimo post alla fine era di due mesi fa: come se avessi avuto di mesi intensi di chissà cosa, e invece, semplicemente, non sono riuscito a radunare un cazzo in fila da dire, o da scriverlo correttamente, di questo simil cambiare, o cambiare in similpelle, mentre più più probabilmente mi abbasso sempre di più come il muso di una F14-T e cerco di andare avanti fendendo l'aria senza strisciare, quando neanche la prospettiva di dissolvermi in volo come una stella cadente con la scia è realisticamente possibile, e quando anche del gettarmi via la sera per raccogliermi la mattina e riciclarmi il pomeriggio inizio ad esserne stanco.
Forse c'è un'altra alternativa, forse siamo all'inizio di una grande stagione, ma forse, con una seconda ipotesi tanto semplice quando destabilizzante, noi siamo diventati lo studente fuori corso.

(...continua...)

giovedì 6 marzo 2014

Femminile Singolare

Ok che questo blog vive di vita propria, o di non vita propria, dipende: però è anche vero che è giusto dirvi che a volte capita che le cose scritte in questo blog prendano vita propria ed escano da questo blog. #Escidaquestoblog, direbbe Renzi.

Ed è anche giusto dirvi che è la prima volta da quasi un anno e mezzo (da quando è uscito "Anche se a Londra piove") che faccio un qualcosa di nuovo a livello letterario.

Questo.

C'è anche il suo bello evento FB con tutte le altre info che vi servono. E' una cosa che sta cominciando a piacermi parecchio, ci saranno un paio di estratti da "Anche se a Londra piove", ci sarà anche "Il mio regalo" già pubblicato qui, e tutto il resto sarà nuovo ed inedito.
Oh, fate voi, se vi piace, sono li. E pagate solo quello che consumate.

domenica 16 febbraio 2014

ARKANOID

Cari amici del Blogorroico, è con piacere che vi annuncio l'ultimo estratto di "Frutta fresca nel backstage", ultimo (in tutti i sensi) EP di Jocelyn Pulsar... in anteprima solo qui!

"Arkanoid, a completamento della premiata operazione "Frutta fresca nel backstage - Ep postumo" non è del tutto una novità perchè era anche uscito nella compilation "Natale è il 24" degli amici di Indiepercui Centotre. Questa versione però è un pò diversa, un pò più rock se vogliamo. E noi vogliamo." (Jocelyn Pulsar)

Jocelyn Pulsar - Arkanoid

(disegno: Michelangelo Paolini)

martedì 11 febbraio 2014

A breve... ARKANOID di Jocelyn Pulsar!

Ebbene si, lunedì 17 febbraio (ma forse già da domenica 16) sul Blogorroico ho l'onore e il piacere di ospitare "Arkanoid", ultima traccia di "Frutta fresca nel backstage", ultimo EP di Jocelyn Pulsar, nonché ultimo inedito di tutta la sua carriera.
Non è la prima volta che linko un video di youtube qui sopra, ma è la prima volta che ospito un'anteprima. Ovviamente, sono molto contento ospitare Jocelyn Pulsar, perché è uno che ti canta le cose in maniera talmente semplice e sincera, e lo fa talmente bene, che ti da parecchio fastidio, e ti causa parecchia malinconia. Insomma, si adatta allo spirito del Blogorroico.
Anche se non so se sono così bravo. Beh, dico la mia, ecco.
Comunque, giusto per farvi un'idea, queste sono le altre tracce dell'EP:

1. Dimenticare Rovigo
http://youtu.be/nmW7CdBSjkA
4. Arkanoid
...ve l'ho detto, arriva qui su Blogorroico lunedì... o forse già da domenica. ci vediamo! :)

giovedì 16 gennaio 2014

Vecchio, stra

Ho quasi trent'anni anzi no, che non si inizia un post così sennò sai che due coglioni che neanche mi viene da leggerlo figurati a scriverlo.
C'ho trentanni da quando ne avevo 17 quindi si può che quest'anno i miei trentanni compiano 13 anni: auguri e se fate i bravi l'anno prossimo motorino.
C'ho una scrivania in disordine che c'ha un disagio a scazzo come una puntata di The Pills: c'ho una testa in disordine come una puntata di The Pills, c'ho un letto in disordine come il mio. Che i letti nei film e nelle web series sono sempre in ordine che la gente quando ci si butta sopra non c'è mai altra roba.
Ma da dove cazzo vengono tutti questi vestiti? Ah, me li metto io? E quando? Ma tutti in una volta?
Non mi ricordo che giorno è, non mi ricordo che lavoro faccio, anzi no, me lo ricordo. Ho il giramento di stomaco, ho mal di gola, ho la gola gonfia, sono stanco, forse mi sto ammalando, forse sono stanco e basta.
Torno sulla cosa del disordine che avevo scritto una stronzata ieri l'altro:

Non so se c'è più casino nella mia testa o sul mio letto.
In realtà in testa non ho del casino.
Nemmeno sul mio letto a dire la verità. Ci sono un sacco di vestiti puliti o sporchi appoggiati in ordine più o meno temporale. E allora non è casino, sono solo vestiti fuori posto.
Come nella mia testa. Pensieri fuori posto.

In realtà 'sta storia dei pensieri e del letto dev'essere un problema serio se ogni volta ci torno sopra. Poi ultimamente il problema vero è che apro Blogorroico per scrivere e lo richiudo senza scrivere un cazzo, solo che blogspot mi salva la bozza vuota lo stesso, e tutte ste bozze vuote sembrano un cestino con i fazzoletti pieni di seghe.
Un'altra cosa che c'è in camera mia? Si, può essere.

Quanta ipocrisia dovrei avere a riguardo? Ma no, stare pure a scandalizzarvi, e non vi accorgete neanche che è un tutto in funzione del poter dire "pieni di seghe". Qui si usano stupende figure retoriche e voi vi state a soffermare per un cazzo di cestino dell'immondizia.
Allora, chi è che si fa le seghe: io o voi?

Non pensate di incularmi senza che io me ne accorga senza che io me ne accorga. Non so cosa ho detto ma suona bene.

C'ho stanchezza, c'ho disagio, c'ho sta vita a scazzo piena di roba da fare e roba che sembra figa solo se penso a raccontarla come se fosse figo essere sfigati. E lo è: è solo che va messa su youtube, se la metti su un blog a cazzo ci salta fuori poco. La tazza di camomilla usata, le ricevute della mutua da far scaricare nella dichiarazione dei redditi, la penna del barbiere, un polsino sporco che prima o poi pulirò, la bolla di 3 libri consegnati a Cagliari. A Cagliari.
Anche Cagliari fa situazione a riguardo, ci manca giusto sushi bar, maternità, il capo, l'affitto, il coinquilino, mia madre, domani piove, e praticamente è Milano.
Cagliari è a Milano, non so se mi sono spiegato.

Sono un po' scazzato, tutto qua, sarà la stagione. La prima o la seconda. Sarà proprio sto senso di stanchezza e di lento soffocamento.
Forse sono davvero i vestiti sul letto. M'hanno rotto il cazzo.

Non che la boccettina di Stravecchio mezza bevuta migliori il panorama, però.