domenica 29 gennaio 2012

Annulla - Riprova - Ignora - Tralascia - Perdi - Lascia - Ritrova

Non si pianifica un viaggio se non si è abbastanza sani per farlo.

Non si cerca lavoro se non si è abbastanza sani per farlo. Non si fa un cazzo se non si è abbastanza sani per farlo, se è per questo, ma da qualche parte bisognerà pur iniziare, finché non c'è qualcun altro a pensarci. E finché va così, non ci sarà mai un altro a pensarci. Mai.

Kate Nash. La polvere sulle cuffie che non funzionano più bene, e forse anche 5 anni fa non funzionavano più di tanto bene ma non ci facevo caso perché le attaccavo allo stereo invece che direttamente al macbook. E poco altro.

Discorsi di italiani che più che altro mi annoiano, persone in un supermercato che mi rendono comunista ancor prima di arrivare alla cassa. Incontri spiacevoli e/o sconvenienti in pochissimi scaffali. Non sono più fatto per tante cose, e il fatto di essere in un posto non implica più il fatto che tu l'abbia scelto.

Magari l'hai scelto prima, ma non ora.

Ma chi è causa del suo mal pianga sè stesso. E chi non è causa del suo male pianga e basta. Al limite, si ascolti Kate Nash.

Era ora che raccontassi qualcosa di più divertente... si, sarebbe ora che lo facessi. Davvero, però.



16 novembre 2010 - Prima di scrivere

"Quello che lasci, perdi." (I Serpenti - Se lascio perdo)

Il Millennium Bridge l'hanno inaugurato in ritardo rispetto al 1 gennaio 2000, ma nonostante questo resta una splendida passerella tra il TATE Modern e la cattedrale di St. Paul. O giù di li. 

A sinistra mezza Londra, e a destra l'altra mezza, con lo skyline della city. Sotto di te il Tamigi. Sopra di te un cielo già buio alle 5 di pomeriggio, ma stranamente roseo. Rosa. Chissà che cazzo avrà da stare rosa. 
Le luci, sono sempre le luci, le luci, quelle che prendono e rapiscono. Che comunque le Luci della Centrale Elettrica una canzone sui camerieri l'aveva già fatta... si chiamava "Fare i camerieri". Parlava di fare i camerieri in giro per il mondo, si, ma non a Londra.

Ma non è che sia diverso.

I turisti a Londra sono una razza strana. Di giorno attaccano senza pietà ogni forma di elemento turistico. E alla sera sono stanchi. Si rinchiudono nei loro alberghi. Cenano, si lavano, e poi scopano. Poi forse si lavano di nuovo. 

Se sono giovani, invece, si rifugiano negli ostelli. A volte cenano, a volte si lavano, a volte vanno fuori a ballare, e a volte scopano. E se non trombi tu, scopa quello sopra di te nel letto a castello. In ogni modo, che sia tu a scopare o meno, non dormi tanto bene. 
Ma in ogni modo, gli elementi turistici di massa alla sera non se li caga nessuno. Specialmente se è freddo. Il Big Ben, e tutti i suoi parenti, restano li. Chiusi. Soli. Solitari, anche. 
Come se fossero un qualunque campanile di Renazzo, una qualunque chiesa di Penzale, o un qualunque Palazzo del Governatore di Cento, o statua del Guercino. Certo, passata la notte torneranno ad avere la loro gloria quotidiana. 
Ma li - in quel momento notturno - chi se li caga? 
Sono inerti ed inermi, come ognuno di noi nel sonno, come anche il premier Silvio Berlusconi, che quando dorme, è solamente uno che dorme. 
Dormirà quelle 3-4 ore per notte, no? Ecco. Il quelle 3-4 ore è un vecchio che dorme. Che se la russa. Che se La Russa fosse li, forse in fondo sarebbe concorde con me. 
Magari fa anche dei sogni, dei sogni banali, e infantili, perchè sono sogni, e quelli non li puoi controllare.

Qui sembra che Londra faccia cagare a tutti. Qui non c'è nessuno di normale. 

"Perchè sei nuovo" mi dicono "vedrai che cambi idea. Adesso ti piace perché è nuova." 
...se devo iniziare a cambiare idea, mi chiedo quando inizierò a cambiarla. Son qui da quasi tre mesi è da quasi tre mesi che me lo dicono. Ed è quasi tre mesi che non cambio idea. 
Certo non nego il fatto che io stesso condivida buona parte dei motivi per cui non dovrebbe piacermi ma... mi piace. L'amore è irrazionale, forse. Boh. Non è certo un problema da aggiungere alla lista di cose da risolvere che già ho.

Più vado avanti più le cose si complicano. E più vado avanti, meno ho idea di come andranno avanti le cose a breve termine. Facciamo progressi, eh? Alla faccia dell'età, la maturità, il futuro. 

La verità è anche che più vado avanti più faccio fatica a spiegare le cose. Alla fine credo e spero saranno talmente evidenti e ovvie che non dovrò più spiegare niente a nessuno.

E spero anche che le persone che rimarranno sapranno capire senza bisogno di chiedere. Riceveranno e basta.

Ripasso davanti a tutti questi posti - già visti in momenti diversi tra il 2000, il 2001 e il 2009 - e mi soffermo su quando li vidi l'anno scorso. Quasi 18 mesi fa. Un anno e mezzo. 

Ho ripensato intensamente a questi 18 mesi e mi sono reso conto che se potessi prendere la De Lorean, e dispondendo di plutonio potessi raggiungere le 88 miglia orari e tornare indietro nel tempo e raccontarmeli tutti, sarei davvero sorpreso.

Ma mi verrebbe una gran voglia di viverli tutti.

Quindi, per estrapolazione, mi aspetto lo stesso dai prossimi 18 mesi. Per non parlare dei prossimi 36... nei prossimi 3 anni non ho la minima idea di cosa possa accadermi. 

Ma non che di fatto abbia molte certezze in più anche solo nei prossimi 3 mesi. This is London. This is me. Cosa vuoi farci, mi dovrò adeguare. 
Più viene freddo, più viene buio, più viene il cielo grigio, più la pioggia, più la nebbia e più l'umidità, più tutto questo mi piace. Non so perché, ma per fortuna è meglio così.

Ci sono giusto due o tre cose da sistemare. E in fondo non sono poche.

Si questo è uno di quegli interventi un po' banalotti e in fondo provincialissimi (nonostante sia scritto in una metropoli, ma forse il fatto è che sono provinciale io) che dice "oh quant'è figo stare a londra" il cui sottotitolo sottinteso è "si si ci rivediamo alla cassa del bennet tra qualche anno".

Ed è proprio così amici. Ci rivedremo alla cassa del Bennet.

Ma ancora non sapete come. (Nemmeno io ok, però un'idea, o se non altro una speranza, da qualche parte la conservo. Anche se non mi ricordo dove).

 

In fondo, non c'è nulla di nuovo. E' come se avessi già previsto tutto. Tutta la prima metà. Aspettiamo la seconda.



mercoledì 25 gennaio 2012

andavo in Croazia

Lo sapevo già: più complicato del prenotare un traghetto via internet, poteva essere solo il prenderlo.
Insomma: dopo 75 minuti spesi per la prenotazione, sapevo che quel viaggio non sarebbe stato così semplice.
Ma ancora, non immaginavo come.

A dir la verità il viaggio comincia da casa mia, ma posso tralasciare il passaggio di mio padre fino alla stazione di Bologna Centrale. E in fondo anche il viaggio nel regionale veloce fino ad Ancona, è trascurabile.
(In realtà davanti avevo una sorta di studentessa fuorisede, con tanto di libri in mano, e avevo tanto voglia di farmela in un bagno, ma va beh era solo una fantasia. I bagni son sempre fuoriservizio, non sarebbe stato possibile)
Uscito dalla stazione di Ancona, cominciano i primi problemi. Innanzitutto: che merda la zona vicino alle stazioni. In generale. In Italia. A parte qualche eccezioni, le zone di città vicino alle stazioni fanno veramente cagare. E pullulano di malavita, facce losche, persone invornite (o imbornite? per me è tipo supercazzola/supercazzora, sono accettate entrambe le definizioni) e scene pacchiane delle "coppiette turistiche".
Per non parlare dell'architettura che spesso circonda queste zone.
Ma non mi interessa: io me ne vorrei andare al più presto, al porto. E qui sbucano un paio di cartelli, malposti e mal indicati, che parlano genericamente e senza distinzioni di "bus biglietteria zona porto" invertendo anche l'ordine della parole.
Dove portano? Al bus? Alla biglietteria? Alla biglietteria del bus? Alla zona porto? Nel mentre faccio un bancomat, giusto perché avere in tasca del contante mi pare sempre una buona idea. Guardandomi le spalle.
Insomma, individuo l'autobus che mi pare giusto e salgo. "Va al porto?" La risposta è una roba in marchigiano che non si capisce ma pare un si.
C'è anche da fare un biglietto, con una macchinetta. Il biglietto costa 1.40, io ho due euro, e la macchinetta non da resto. Amen.
A un certo punto l'autobus parte. Da un lato sono contento perché non avrei mai saputo fare quella strada a piedi, e perché passa per rotonde e zone poco confacenti ad un pedone, dove sarei rimasto tutto solo e al buio, in balia della malavita marchigiana. Dall'altro... si mi sta ancora sui coglioni i 60 centesimi buttati.
E in appena un minuto arriviamo al porto. O perlomeno, vicino al porto.
Il porto di Ancona è come il circuito cittadino del porto di Valencia disegnato da un architetto ubriaco di Genova. E l'autista al volante della navetta mi ricorda molto Vitantonio Liuzzi sotto l'effetto dell'Amaretto di Saronno.
Arrivo alla biglietteria, dove devo scambiare la mia email e ritirare il mio biglietto. La biglietteria è vuota e loschissima.
Davanti a me ci sono tre persone. Due sono slavi. Sti slavi sembrano sempre tutti criminali sul punto di sgozzarti... magari poi son persone onestissime. Ma l'impressione resta questa.
Il terzo invece è un italiano, sui 55 anni, che al limite ha la faccia da schiaffi da furbetto del quartierino. Decido di seguire questo. Mal che vada cosa mi può succedere? Che mi inculi 20mila euro dal conto corrente. Tanto non ce li ho neanche, 20 mila euro.
Insomma trovo un bagno, piscio, e all'uscita saliamo tutti in un free-bus che ci porta alla zona imbarco. Perché il porto di Ancona, è grande. Fa cagare ed è grande. Ancona è un po' una città di merda.
Nel bus c'è anche una comitiva di operai olandesi, o almeno paiono tali. Insomma, dopo aver rischiato di sbagliare le fermate (ma che fermate dovrà fare una navetta gratuita all'interno del porto di Ancona alle 8 di sera di dicembre?) si scende.
E c'è l'ufficetto della polizia per il controllo documenti.
Il controllo documenti è una cosa che tipo controlla che la mia carta d'identità sia rosa. A questo punto mi chiedo perché negli aeroporti ci mettano il triplo di tempo.
In ogni modo, potrei portarmi dietro anche una bomba nella valigia che andrebbe bene: non c'è alcun scan/metal detector.
Entro nella sala d'attesa e faccio fuori il primo panino. Non ho cenato. Ne ho altri 3. Devono durarmi fino al giorno dopo.
E' l'ora di imbarcarsi. Esco sul molo insieme ad un'altra decina di persone. Pienone, eh.
Mi rendo subito conto che l'educazione non è il forte degli slavi. E nemmeno il multilingua.
Insomma si entra dentro.
Il traghetto è una pensione a 2 stelle degli anni '60 (garage incluso). C'è anche l'ascensore nel quale riescono a infilarmi. Il tutto parlandomi in croato.
Scendo al piano, sbagliato, risalgo, e inizio a girare. Non ci sono le indicazioni, quando ci sono sono poco chiare, a volte in italiano, a volte in croato, a volte in inglese.
Arrivo nella sala delle poltrone. Una TV da 20" dove trasmettono "Bravo Bravissimo" su Canale 5, con tanto di Jerry Scotti. E una sfilza di sedili reclinabili vuoti. I sedili sembrano quelli di un aereo, sono vecchi come quelli di una corriera, e sono sporchi come quelli di un treno.
Ci sono resti di cartacce, e insetti. Uno vivo, e uno morto.
Arriva qualche persona, qualcuno anche con dei cani. Siamo in 4 gatti e 2 cani.
Un mega annuncio in tre lingue, e il traghetto parte.
Sembra di stare su un treno diesel in folle. E sarà così per altre 9 ore.
Dopo due minuti, dai finestrini non si vede più un cazzo. Mare nero mare nero mare nè... ora capisco dove ha preso l'ispirazione Mogol.
Nel mentre una bambina a Bravo Bravissimo canta "Caruso" davvero molto bene, e anche se in linea di massima io odio questi programmi di sfruttamenti dei minori, devo riconoscere che la bimba meriti.
Finisco di leggere "Nessuno lo saprà" di Enrico Brizzi, che ho preso in prestito da mio fratello tre anni fa mentre gli sgombravo la camera.
C'è anche un po' troppo fresco per i miei gusti. Mangio un altro panino. Mi appoggio la giacca sopra e dormo qualche ora. Sono ancora stanco dal viaggio di Londra.
Mi sveglio con una voce che parla insistemente. C'è luce. C'è terra. Sono arrivato nel porto di Zara. Cazzo, che palle, una volta che uno dorme.
Mi vesto, prendo zaino e valigia, scendo, passo l'ennesimo controllo dogana, e sono a Zara. In Croazia. E non so che cazzo fare. Vorrei fare colazione.
Cerco un bar, il primo che trovo c'è scritto che apre alle 7. Sono le 7:08, la porta è chiusa e c'è una donna delle pulizie che pulisce. Sembra l'ACLI Corporeno ai tempi di Atti.
Una stangona cavallona mi dice qualcosa in croato e mi fa il gesto di un caffè. Poi mi fa il gesto di seguirla. Poi capisce che forse non sono del tutto rincoglionito, sono semplicemente straniero, nonostante la mia faccia da rissaiolo slavo, e l'inglese lo parlo.
"Speak english?" Certo che si. "Eh, quel bar è chiuso, se mi segui ti faccio vedere un altro bar che è già aperto."
Premesso che quel bar avrebbe già dovuto essere aperto, non voglio fare il polentone del nord che va a polemizzare, anche perché io stesso sono sempre stato molto elastico sui miei orari... la seguo. La seguo a fatica perché lei è più alta che me e corre a passo spedito di una che è in ritardo per andare al lavoro. Io invece non sono in ritardo per nessuna parte, solamente mi devo portare dietro una valigia che tra macbook e vestiti per 10 giorni pesa almeno una dozzina di chili.
Mi porta questo barrettino, con tanto di veranda esterna. Sono le 7 di mattina, c'è un certo fresco, e c'è qualcuno che è seduto fuori, incurante di tutto.
Entro e sento una canzone croata. E mi immagino Taddo e Sorio mentre piegati in avanti come se stessero sgabberando ballano questi balli slavi, tutti contenti e convinti, ballando in cerchio. Un po' come se fossero personaggi dei Looney Toones. Tutti dentro la mia testa. Alle 7 di mattina. Loro lo farebbero anche alle 7 di mattina.
Il mio corpo invece è statico in maniera incredibile. Infatti è la mia testa è formulare il primo pensiero.
"Accettate gli euro?"
Sono in Croazia, e non ho ancora Kune, la moneta locale.
"Si, solo se hai dei piccoli tagli."
"...venti euro?"
Non ci sarebbe bisogno di risposta, mi faccio indicare un bancomat, che si trova ad appena 50 metri, e mi rifornisco di Kune.
Torno dentro: bombolone alla marmellata e caffè espresso. Adesso si comincia a ragionare.
La prima canzone italiana che sento è "Ciao Mamma" di Jovanotti. A Londra, la prima canzone italiana che ho sentito è stata "Tiger" degli Amari, in un sushi bar di Queensway. Qui siamo in un bar del cazzo di Zara, non è che possa pretendere più di tanto.
Mentre con la moleskine aperto subisco l'effetto della caffeina e prendo appunti, mi rendo conto di aver fatto la pirlata e non essermi segnato i dati dei taxi economici. che mi dovranno portare all'hotel. E mi rendo conto che in effetti è la prima imprecisione notevole del viaggio.
Devo dire che comunque, aver prepararato il viaggio in 28 ore, con tanto di tempo extra per visite, mangiare, dormire, lavare, ed altro, essere arrivato qui con il collo intatto mi rende un figo.
E poi alla radio passa "All I have to do is dream" degli Everly Brothers, e il mio pensiero va a Waco Guzman, che ubriaco di refosco e sambuca mi invita a ballare con lui nella sua stanza parigino-londinese, sulle note del vinile degli Everly Brothers.
Vado in bagno: ovviamente non c'è una serratura, ma ho visto bagno molto peggiori a Londra. Il bagno funge anche da magazzino delle birre. Ovviamente, delle birre vuote. Ci sono tre-quattro pile altezza uomo di cassette in plastica con sparse bottiglie in vetro vuote, tra cui la Karlovacko che diverrà il simbolo dei 10 giorni successivi.
Ma io, ancora, non potevo saperlo. E dopo aver pagato con una banconota di grosso taglio (è inutile mi guardiate male, il bancomat mi ha dato queste) uscivo, pronto per Zara, che li si chiama Zadar, e per tutta la Croazia.
Una cosa che non racconterò qui. Perlomeno non ora.

Comunque poi sono anche tornato. E anche il tornare meriterebbe una storia, magari. Magari no, basterebbe twittassi "TRENITALIA MERDA".

venerdì 20 gennaio 2012

la tragedia della capitaneria di porto del giglio

Non sta cominciando niente: volevo che tu lo sapessi. Oddio, con sta storia di questo "tu" generico ed immaginario sto diventando un po' patetico come Vasco Brondi. E anche citare Vasco Brondi è un po' patetico. Nemmeno lui lo farebbe.

Non sta cominciando niente: ma è già cominciato, se vuoi saperlo. No, non lo volevi sapere, ma va beh, te lo dico lo stesso. Poi neanche esisti, di cosa ti lamenti? Chi non esiste non ha diritti. Oddio, sembra lo slogan di un comitato per la tutela degli embrioni.

La verità è che non ne posso più di tutte le cose brutte e che non mi piacciono di questo mondo. E con questo mondo intendo il territorio nazionale nel quale vivo e risiedo attualmente.
Non che al di fuori sia un mondo migliore: è che al di fuori è anche un mondo migliore. Non ovunque, certo. Non in tutte le cose, certo.
Ripeto: il rumore dei maccheroni nel piatto non è lo stesso da nessun'altra parte (eh beh, il chilo di pasta Sainsbury's a 89p ha una densità differente) e poter uscire di casa in bicicletta senza mani e fermarti a parlare con 3-4 persone... beh quello non esiste da nessun'altra parte nel mondo se non qui.
Mmh, forse c'è una qualche isola croata che ha qualcosa di simile. Ma le mani, a meno che non te le abbia amputate un qualche turco stereotipato dipinto da un italiano ignorante, è meglio portartele dietro. Magari, in tasca.

Allora parlerò di cose belle. Delle cose belle. E ce ne sono, sapete? Non tante, magari. Ma ce ne sono.

...ma devo cominciare proprio oggi?

Continuo ancora a pensare che le cose migliori che scrivo siano necessariamente triste, o depresse, o malinconiche. Perché se fossi allegro e felice...
...ma andrei a correre nei prati, o me starei a contemplare il mondo fuori dalla finestra, ma ti pare che mi metterei a scrivere se fossi felice?

Verrà il giorno in cui qualcuno mi intervisterà...
"Perché ha cominciato a scrivere?"
"...perché non avevo da scopare! Ma ti pare che se avessi avuto da scopare mi sarei messo a scrivere?"

Che poi lo sai che non è la verità, però fa ridere, un po' tipo #daicazzo e #vadaabordocazzo e siamo tutti contenti.

Contenti, ma non felici. Verrà il giorno che scriverò anche con felicità di cose felici? Se si, cosa salterà fuori? Una Mocciata? O una roba più sul genere indie romantico? Ma esiste poi? O una roba più alla Baricco?
Non riesco a immaginarmi a scrivere cose felici: e forse non riesco ancora ad immaginarmi felice.
D'altronde non riesco nemmeno ad immaginarmi... che ne so, il 1 agosto 2012, eppure sono convinto che arriverà lo stesso. Così come l'album degli Afterhours. Che arriverà il 17 aprile.
Salvo guerre nucleari, arriverà tutto questo.
Magari arriverà anche la mia felicità. Salvo guerre nucleari.
Ovviamente è implicito che nel mentre io debba fare tutto il possibile per raggiungerla. Salvo guerre nucleari.

Oh ma non è poi che nel mentre stia poi così male eh... c'è un po' sta cosa che se uno non è felice, è per forza depresso. Si può anche stare relativamente bene senza per forza doversi dire felici...

C'è anche un po' sta cosa dello scrittore. Cioè, LO SCRITTORE.
La gente pensa che LO SCRITTORE sia questa figura un po' strana, intellettuale, un po' vintage e un po' retrò. Uno che si ascolta De Andrè e Tchaikovsky (si ho aperto Google per scriverlo giusto).
Uno che guarda i film di Pasolini. Uno che ama la bellezza. Uno che odia internet, le tecnologie e la mondanità. Uno che gira su una BMW serie 5 del 1989, quando non usa la bicicletta. Uno che si mette delle gran sciarpone, delle giacche, degli occhiali. Uno che ama la poesia. Una persona un po' disordinata, sognante e sognatrice. Uno che ama il vino e i liquori. Uno che fuma, un po'.
Che se vai nella sua stanza è piena di quadri, libri e di appunti, e dalla finestra vedi un panorama bellissimo. Uno un po' squattrinato che però si tratta bene. Un galantuomo che sa come amare le donne. Un uomo con il cuore perennemente spezzato. Un uomo dalla bella voce, lo sguardo intrigante, anche se però obiettivamente è un po' bruttino.

Sembra quasi l'identikit del mio amico Waco Guzman, che guardacaso è pure lui scrittore anche se non lo vuole dire. Ma non è proprio così: questo identikit è stereotipato. Oltre che, chiaramente, falso.
Per quanto esistano personaggi così (ad esempio Waco Guzman vi assomiglia parecchio, ma la differenza - basilare - è che Waco è un uomo vero, mentre molti altri esistono ma sono falsi) io, nel mio non essere scrittore, scrivo.
Che differenza c'è? Non lo so.
Io, si, sono un po' strano, questo si sa e si capisce, ma il mio essere intellettuale si riduce ad una cultura sopra la media: e questo perché è la media ad essere bassa. Il gusto per il vintage ed il retrò si limita alle magliettine indie e ad pochi altri elementi (forse la mia Micra del 1999, che ormai è già vintage).
Riguardo alla musica ascolto di tutto o quasi: De Andrè e "Ceicoschi" li stimo ma no, non li ascolto. Stimo anche Pasolini, ma preferisco di gran lunga Quentin Tarantino, Guy Ritchie, Michel Gondry e Wes Anderson. Uso la bicicletta, la sciarpa la uso solo 3 mesi d'inverno quando stiamo intorno agli zero gradi, e gli occhiali quando guido la notte fuori città. Non mi piace molto la poesia, tendo al disordine come tutto l'universo ma amo l'ordine ed è una battaglia che combatto con discreta costanza e che spesso vinco. Sono sognante e sognatore, ma ho sempre bene gli occhi aperti e so essere organizzatissimo nel mondo reale. Ho una memoria da nerd preoccupante, a volte. Mi piace il vino e i liquori, ma sono cresciuto a bere i peggiori superalcolici che anche nei peggior bar di Caracas avrebbero svuotato nel cesso: e non ho perso quest'abitudine. In camera mia in questo momento c'è anche un po' di casino, ci sono le impegnative per degli esami in ospedale, dei curriculum, fogli della banca, cavi, penne USB, tutta roba che uno scrittore non dovrebbe cagarsi nemmeno. Generalmente non fumo, e non amo nè le poesie nè i quadri. Non sono un galantuomo, non ho un gran successo con le donne, e anche se ho il cuore spezzato tendenzialmente restano cazzi miei. Non ho nemmeno una bella voce, nessuno sguardo intrigante, ho un naso che sembra un musetto della McLaren danneggiato da Hamilton in un tamponamento ai danni di Felipe Massa, e si, sono anche un po' bruttino, magari. Magari ho un fascino mio, ma non è certo quello DELLO SCRITTORE.
E per campare, vivo dei miei risparmi, non certo di un magnate che mi finanzia, di introiti di precedenti opere (e nemmeno successive, mi sa), o di una famiglia facoltosa che mi sostiene. Dei miei risparmi.
Però una BMW del 1989 mi piacerebbe. Solo che consuma un casino di benzina... magari la mettiamo a GPL.

Ah, dimenticavo... comandante Schettino. Adesso l'ho scritto.

mercoledì 11 gennaio 2012

L'ennesimo ritorno di RadioScoziaLibera

L'ennesimo ritorno di Gritty e BREERAA!! che stavolta traslocano, o raddoppiano, ancora non si sa, persino su Facebook.



giovedì 5 gennaio 2012

Una volta e cento volte ancora

...ma non è bellissimo, tutto questo?
La vita, la vita, (e ancora), la vita.

Che bel paese che è l'Italia.
Dev'essere stato fighissimo avere una ventina d'anni nel 2002, andare in giro a parlare di internet seriamente (mica come noi che ci limitavamo a fare i nerdacchioli con WinMX e le ricerche su Altervista) e ascoltare roba figa tipo i Royksopp.
E magari vivere a Milano e incontrare Massimo Coppola agli aperitivi.

Ma anche stare a Roma nel 2007, andare ai concerti dei Micecars e ascoltare per primi "Dividing Opinions" dei Giardini di Mirò, e capire che sarebbe stato un gran cazzo di disco.
Pensa che a me su Dividing Opinions mi ci hanno spaccato il naso.

Pensa in che paese di merda viviamo adesso: viene davvero voglia di comprarsi una roulotte e vivere del proprio orto. No aspetta: se hai una roulotte non hai l'orto. Eh no, nemmeno se hai un camper.
Si, McCandless aveva un autobus però aveva tutta l'Alaska. Vattela a prendere l'Alaska. C'hanno dei carceri che in confronto "Le ali della libertà" è la reggia di Vienna. Esiste una reggia a Vienna? Mi pare di si. O una villona che ci assomiglia.

E comunque era una scuolabus. Però provaci tu, a fare il contadino tutto il giorno. Dopo diventa davvero un vivere per mangiare.

A parte che mi sento già in carcere. E' come se già avessi le ore d'aria, autoimposte. Ed è come se i miei profili nei siti per la ricerca del lavoro (o simili) fossero già una sorta di schedatura. C'è la mia faccia, frontale, come se fossi in camicia di forza. Manca solo la mia impronta digitale.
Ed ho già una condanna. Fine pena mai.
Ma devo ancora capire il mio reato. Avrò sicuramente fatto qualcosa di molto brutto per tutto questo, eppure non me lo ricordo.
Credevo di aver già pagato abbastanza per tutti i miei errori, ed invece no - evidentemente no.

L'INDIE E' MORTO. E' finito il 31 dicembre 2009, o giù di li, e qualcosa si è trascinato fino al 2010. Ma è rimasto negli anni zero, con Vasco Brondi e tutto il resto.
E ora? Forse sono gli anni della dubstep. Forse sono i miei anni. Mah.

Volevamo riprendere Berlino (volevamo riprendere Berlino?) non volevamo riprendere Berlino. Perché poi non NAPOLI.
Non diventa certo il momento di ascoltare i Notwist o i Travis solamente per questo: piuttosto Daniele Silvestri.

Dicono che le droghe e l'alcol non servono a risolvere a problemi, e nemmeno ad allontanarli. Peccato. Se fosse davvero così, sarei già drogato ed alcolizzato. Ma è vero: non servono. Sono solo spese. Voci all'interno di un bilancio che chiude sempre negativo.

Oggi mi è tornato in mente quella volta che sono andato in bagno all'Hamilton Hall e quando sono uscito tu eri già seduto ad un tavolo con due tipe e mi hai fatto una faccia del tipo "non è colpa mia: mi hanno rimorchiato loro". E io non ci credevo neanche per un cazzo... anche se era vero, per una volta.
E ovviamente mi sono dovuto sedere li anche io. Come se mi desse fastidio.
E alla fine ci hanno lasciato li come ci avevano trovato. Perché era troppo bello per essere vero. Ma era ovvio, erano solo le 7 di sera o giù di li, e lo sappiamo che le fughe che partono troppo presto non arrivano mai al traguardo.
Però ci siamo divertiti, quando abbiamo fatto credere al loro amico finocchissimo che in Italia sulla carta d'identità una volta scrivevano se eri gay oppure no. "Ma adesso non lo fanno più, ora siamo un paese civile".
Eh già. Che civiltà.

Certo che finchè i gay in italia sono Alfonso Signorini e l'altro busone di Real Time, certo resteremo un paese omofobo. Almeno la hanno Kele, Brian Molko e Morrissey. E sti cazzi.

Anche te, non te, ma te, lo so che mi leggi per sapere come sto. Come sto? Non sto male, seduto su una bella sedia e bevendo un buon nocino fatto in casa nel 2010. Non in casa mia. Ma una casa di cui mi fido. Si, magari sto male, ma mai troppo, e... fidati: sto meglio di te. Davvero. Ma verrà il momento in cui lo capirai... e sarà, come sempre, tardi. Ma ormai non me ne frega più un cazzo, talmente tanto che se ne dovessi fare una classifica delle 10 cose che sono gli ultimi dei miei problemi nemmeno ci entrerebbe.
...
alla numero 10) comprare le olive per fare le bruschette alla prossima cena della compagnia
9) il momento in cui capirai che non me ne frega più un cazzo (oh, è entrato in classifica... new entry)
8) la politica dei centesi (ndr, diverso da "la politica centese")
7) Willwoosh
6) il bollino blu
5) cosa fare per martedì grasso
4) dove andare in vacanza quest'estate
3) i video di WE TUBE di TIM
2) Indezent
1) i contributi INPS


Pensa quando una volta ci mettevo le mie ex, in queste classifiche. Che bello quando c'erano persone da inserire. Ma sono migliorato, no? E' un sacco che non litigo con la mia ragazza.
- ma è un sacco che non hai la ragazza! -
E' colpa mia? Io intanto non ci litigo... voi italiani, sempre dietro a far polemica.


"I don't understand why you don't have a girlfriend"
Nemmeno io, mia cara, poi in realtà ci penso bene e capisco che è una scelta mia e di altre persone, ed è comunque spesso condivisa.
"Ma com'è possibile che uno come te non trovi un lavoro, li?"
Anche questo non la capisco, ma poi è la stessa questione di prima, se ci penso bene.
"Ma tu cosa ci fai qui? Perché sei tornato da Londra? Perché non torni a Londra?"
E questa è una lunga storia, ma mi sa che siamo vicini ad una soluzione.


Una volta ho anche sorriso sotto la pioggia, e ti giuro che non stavo piangendo.