mercoledì 16 novembre 2011

Io, disoccupato (per scelta)

Premetto: non sto cercando "attivamente" lavoro. Se vedo un qualcosa di interessante, mando il CV, ma non sto cercando lavoro in maniera attiva.
E' un po' la differenza che c'è tra vedere dei jeans in vetrina mentre passeggi ed entrare per comprarli, e prendersi su e andare al centro commerciale con l'intento di fare shopping.

Ma mio padre, forse compassionevole del fatto che le ore che non passavo dietro al bancone del bar (dal quale mi sono licenziato) le passavo tra il letto (letto vuoto: evidentemente chi non lavora non fa l'amore, e chi lavora non ha nemmeno il tempo per masturbarsi) e il macbook, si prodiga per trovarmi lavoro.
Quindi mi appoggia sulla scrivania annunci che trova sui giornali. E mi parla di "il mio ex collega che..."
Lui è in pensione, ma esisterebbero questi suoi "ex colleghi che..."
...che in realtà non stanno cercando nessuno da assumere, questa è la grande realtà. Però lui "è rimasto in buoni rapporti" e quindi si sa mai che tengano in considerazione il mio CV.

Per carità; a casa mia le raccomandazioni non esistono. Esiste un uomo (mio padre) che si è fatto il mazzo per tutta la vita lavorativa, che è stato riconosciuto nel suo posto di lavoro come una persona affidabile e in gamba, che conosce un giovane (io) che ritiene altrettanto affidabile e in gamba, avendogliene dato prova in anni di convivenza. Qui non si regala niente.

Il problema è appunto che... le raccomandazioni non esistono.
Quindi, mio padre mi segnala ad una sua ex collega, che a sua volta mi segnala ad una responsabile di una agenzia interinale.
Io, per riconoscenza verso mio padre, la contatto. E poi, voglio essere ottimista, si sa mai che salti furoi qualcosa che mi ispiri. Lei è molto gentile, e si fa inviare il mio CV.
Mi telefona una ragazza dalla filiale di Granarolo, una certa G. La responsabile le ha girato il mio cv.
C'è una filiale anche a Cento, ma lei collabora più spesso con quella li. E questa G. mi ha chiesto di andare a fare un colloquio li, a Granarolo.

Praticamente, invece che fare questo normale colloquio in bici, a Cento, mi faccio 70 km e vado a farlo a Granarolo. A casa mia le raccomandazioni funzionano al contrario.
Ma va beh, se mi han chiamato così in fretta, dopo aver letto il mio colloquio, e su suggerimento di una responsabile, avranno qualcosa da propormi.

Parto di casa: un quarto d'ora di ritardo, causa un paio di imprevisti. Candidato in ritardo, -10 punti.
Guida racing, evitando tutti i velox, e rispettando il codice della strada entro la tolleranza: driving skills +10 points, problem solving skills +10 points.
Arrivo, ore 14.29. Parcheggio la macchina, mi volto, e c'è la sede. Entrerò alle 14.30 in punto, orario esatto del mio appuntamento. Mai stato così puntuale.
Sto per attraversare la strada, e guardo a destra. Mi fermo un attimo. Devo guardare a sinistra. Non sono più a Londra. Sarà stato lo spartitraffico in mezzo alla strada, così inglese, e farmi venire in mentre le strade londinesi. Però questa coincidenza, proprio poco prima di un colloquio.

Entro dentro. "Sono E.A., ho un colloquio con..."
"Con me, Giulia, piacere."
La tipa è anche carina, capello corto con meches bionde, pettinato un po' eightes un po' stile fighetta di Camden Town (e 2...), con un'occhiale nerd stile Arisa. Probabilmente è più giovane di me.
Il problema è che si trova dietro la reception. E deve farmi un colloquio. C'è qualcosa che...
"Ecco, se mi compili questo modulo..."
...c'è qualcosa che non va, appunto.
Io, che sono un disoccupato signor nessuno, ti ho mandato un CV per email. Ce l'hai già sul computer. Mi hai detto di averlo letto. E mi hai chiamato per un colloquio.
Ora, io, invece, devo ricopiarlo tutto (e son 3 pagine, che a forza di fare i precari, a soli 27 anni hai già una barca di esperienze) su un modulo. Che poi, sarà ricopiato a computer da un altro precario come me. Se quel precario potesse avere direttamente il mio CV in formato PDF, ci metteremmo 5 minuti invece di 45, e avremmo dei dati più corretti.

E invece, io, con il mio giaccone da londoner, seduto allo sgabellino in plastica, che trema tutto mentre scrivo, mentre mi fa male la mia contusione alla mano destra (rimediata in maniera poco consona alla ricerca di un lavoro). E dire che mi ero anche messo una camicia.
Avevo anche un cazzo di camicia indosso.
Mi son sentito umiliato, trattato come il primo extracomunitario di passaggio per strada che volentieri si lascia sottoporre a tutto questo.
Io sono stato straniero, io mi sono fatto il mio mazzo tra la burocrazia londinese. Ho fatto lavoro poco qualificati sempre con il sorriso sulle labbra, ho fatto volontariato tra le lamiere, l'eternit e le mucche etiopi, e ci fosse un motivo, andrei anche a pulire i cessi, e mi sentirei orgoglioso nel farlo. Mi sono fatto anni di gavetta, anni di "stai zitto e intanto fai quel che devi fare", anni di "sei appena entrato, aspetta". So cosa vuol dire lavorare, so cosa vuol dire farsi il culo. In Italia e all'estero.
Non è la fatica, è lo spreco. Così cantano i Perturbazione in "Del nostro tempo rubato".
Non è la fatica di compilare un modulo, è lo spreco di tempo. E' lo spreco di me.
E dopo un quarto d'ora circa, siccome è lungo compilare tutto e ricordarmi tutto a memoria (anche se devo dire che la mia ottima memoria mi salva sempre), mi sento dire "come va? tutto bene?". Un po' come se fossi io rincoglionito a non farcela in fretta.

Finisco di compilare, e ci spostiamo in questa postazione ricavata dalle pareti di vetro e cartongesso. Inizia a leggere il mio modulo, poi lo sottolinea, cerchia, integra, e mi fa domande come se il mio CV non l'avesse mai letto. Perché... si, non l'ha mai letto. Mi ha preso per il culo.
Poi alla fine lo leggicchia, prende qualche riga di spunto, poi gira, e tralascia completamente tutta la parte "non profit".
Ma dio mio, puttanella, c'è anche qualcuno che nel suo tempo libero fa cose un po' più edificanti che fare la zoccolina radical chic all'Estragon.
E poi legge i lavori che vorrei fare. Ho scritto comunicazione, pubblicità, marketing. Che sono le cose per cui ho studiato, poi.
"Eh... come sai, ora è un periodo molto difficile per questi lavori, e in questo momento non ne abbiamo."
Sono 3 anni che è un periodo molto difficile per questi lavori. E lo era anche prima, solo che io dovevo ancora laurearmi e non mi riguardava direttamente.
"Saresti disposto a lavorare anche in ufficio, come impiegato magari, nel settore amministrativo? Ho visto che qui hai fatto un corso di contabilità..."
In realtà la mia risposta è NO!!! STO CAZZO!!! però mi dimostro sensibile e dico "Si, certo" e aggiungo anche che sarei disposto a lavorare nel raggio di 40 km.
"Andata e ritorno?"
"No no, anche 40 andata e 40 ritorno, 80 chilometri al giorno".
"Ah, bene. Comunque, ora non abbiamo niente da offrire nemmeno per questo settore, però comunque ora il tuo profilo entra nella nostra banca dati, quindi nelle provincie di Bologna, Ferrara e Modena... ci fosse qualcosa, ti contattiamo noi."
Esattamente come mi hanno detto le altre 6-7 agenzie interinali di Cento nelle quali mi sono iscritto nel 2007, in cui ho riaggiornato i miei dati nel 2009, e che non mi hanno mai contattato. A parte un paio di casi. E i (2) lavori che mi hanno offerto erano sempre lontani, malpagati, e diversi dal mio titolo di studio.
E così le stringo la mano, saluto anche l'altra passera che nel mentre s'era accomodata in reception (quella si che era una passerona!) e me ne esco, con i miei occhiali da sole in faccia, i miei segni alla Tyler Durden che iniziano a spargersi per il resto del viso, a riattraversare la stessa strada di prima.
Probabilmente G. si era laureata con ottimi propositi, probabilmente era una che sognava Londra ascoltando i dischi dei The Smiths, poi alla fine ha trovato un moroso che la accompagnasse ai concerti di Dente, e uno stipendio sicuro con il quale comprare le borsette da Scout.
E allora chissenefrega di Londra. E anche se pensa che tutto quel posto di lavoro sia una gran cazzata, lei resta li e li resterà. Quella non è la strada provinciale ** , quella è un'altra Revolutionary Road, il film.

E io invece no, io non dico no ai miei sogni e a quello che sono, io non mi arrendo a queste cose, io preferisco morire sotto un ponte dopo aver provato a essere quello che sono piuttosto che sprecarmi, che arrendermi, che farmi umiliare e sfruttare.
E non è mica che sono un comunistoide, o un rivoluzionario utopico, o un Alex Supertramp... io ci fosse un partito decente forse voterei anche centrodestra, vivrei molto a fatica senza il mio macbook, e anche se vivo ancora come un 19enne allo sbaraglio non vedo l'ora di prenotare i posti ai concerti e sedermi nelle tribune con mia moglie (e tempo che capisca, portarci mio figlio in braccio).
Si forse delle due sono conservatore, ma col cazzo che vi regalo la mia vita. Io, nella Revolutionary Road, non ci vado.

E cara G., ricordati che stai lavorando con delle persone. Sarà anche un lavoro di merda sottopagato il tuo, che nemmeno ti piace, ma siamo delle persone. Non prenderci per il culo.
E poi si sa mai, un giorno qualcuno potrebbe pubblicare la tua storia su di un blog, o ancora peggio, su un libro, e allora forse metterti a piangere a dirotto e aver capito di essere una fallita a tre settimane dalle nozze potrebbe diventare un problema. Un problema che non risolverai all'Estragon con la playlist di DJ Scandella.

Quanto a me... davvero, non ho voglia di entrare nel mondo del lavoro. Perlomeno, non in questo. Ho voglia di lavorare, si. Ma non in questo mondo e a queste condizioni.
Sono malato, forse? Sono da mandare da uno psicologo?
Non credo. Non mandatemi uno psicologo... offritemi un lavoro. Serio. Dove esista meritocrazia, rispetto.
Non esistono? In Italia non ci sono più?

Pazienza... andrò all'estero. Perché qui, davvero, mi è passata la voglia di lavorare.

1 commento:

  1. Il post è di più di due anni fa, ma voglio dire due cose lo stesso.
    Primo: scrivi molto bene. Mi ricordi un certo Bukowski :).
    Secondo: per rispondere alla tua domanda, credo che si, tu sia malato. Lo so perché, fortunatamente, quella malattia ce l'ho anch'io. E dico per fortuna perché in una società come questa se non ti senti in qualche modo sbagliato o fuori posto è perché non ti è rimasto neppure il più piccolo residuo di umanità. Ecco, la nostra malattia si chiama umanità.
    Spero che tu riesca a trovare la tua strada. Buona Fortuna.
    Damiano.

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