venerdì 2 settembre 2011

La mia generazione sta perdendo

La mia generazione sta perdendo.

Abbiamo lauree inutilizzate o mal utilizzate. Siamo disoccupati, o sottoccupati.

Ci fidanziamo eternamente perché abbiamo paura di sposarci. Decidiamo di sposarci, e ci lasciamo prima del matrimonio. E se ci sposiamo, ci lasciamo nel viaggio di nozze. O dopo due anni. O dopo che ci siamo fatti le corna.
Oppure non troviamo nemmeno da fidanzarci, tristi e scoraggiati dall'altro sesso, e dopo aver miseramente e mestamente analizzato la situazione, finiamo per preferire la masturbazione solitaria alla prostituzione intellettuale.

Viviamo per pagare l'affitto, le rate della macchina, le rate del mutuo. I nostri nonni erano proletari, perché avevano solamente la prole a carico. Che dopo una dozzina d'anni però comincia a rendere, lavorando nei campi.
Noi siamo solamente dei mutuari, abbiamo solamente un mutuo a carico. Che grazie, agli interessi, cresce esattamente come i figli. E ti va pure a zappare. Direttamente sui tuoi piedi.

La mia generazione sta perdendo perché è infelice. La mia generazione vive su facebook. Comincia la settimana postando "Lunedi" di Vasco.
Prosegue il martedì scrivendo "che caldo! rivoglio l'inverno!"
Poi il mercoledì "proprio oggi doveva piovere? fanculo!" (le donne aggiungono "per fortuna che ho fatto shopping, comprato il vestito per andare a ballare venerdì!")
Giovedì "dai che domani comincia il weekend"
Venerdì si posta "Friday I'm in love" dei Cure
Sabato si postano le 200 foto tutte uguali e sorridendo con i drink in mano della serata precedente.
Domenica pomeriggio si scrive "mi son svegliato adesso!" weekend devasto!"
E domenica sera non si scrive un cazzo, si piange e basta, da soli, nella propria stanzetta.
Ebbene si: la mia generazione quando chiude facebook comincia a piangere.

La mia generazione si droga. Alcol, cocaina, cannabis, caffeina, taurina, nicotina, sesso, videopoker, gratta e vinci. Ma la mia generazione si droga.

Noi ci lamentiamo del prezzo della benzina ma continuano a preferire il pieno pagato 60 euro piuttosto che mettere su l'impianto a metano.

La mia generazione ha paura. E' incapace di rischiare. Si rifugia in rapporti sentimentali che garantiscono un dose minima di bumbate mensili, una dose minima di conforto psicologico, una compagnia per matrimoni, film, pizze e cene. Il tutto alla modica cifra di qualche litigata e qualche centinaio di euro. E un sacco di tempo libero e di lacrime.
La mia generazione è provinciale a manetta. Ma talmente tanto che non capirà mai di esserlo. Un pesce rosso nella boccia di vetro è meno provinciale della mia generazione.

Ci lamentiamo di tutto e di tutti. Ma non cambieremo mai nulla. Appena qualcosa è migliore, o peggiore, o semplicemente diverso da noi, lo etichettiamo e lo invidiamo, o dispregiamo, o semplicemente allontaniamo.
Tutto ciò che è diverso ci fa paura perché potrebbe essere come noi: e in realtà, il nostro noi, non lo vogliamo modificare.
Il nostro noi non ci piace per un cazzo, ci fa cagare, ci fa piangere, ma abbiamo una fottuta paura che cambiare questo voglia dire passare per qualcosa di peggio. E non lo potremmo affrontare. Perché siamo deboli come Julian Ross durante un attacco di cuore.

La mia generazione si veste figa, prende degli aperitivi fighi, e va in giro a fare la figa, e se ci pensiamo bene, è esattamente come se fossimo a carnevale. In quei bei carnevali veneziani, dove davvero tutto è concesso, solo che li erano più coscienziosi e lo tenevano solo per un giorno all'anno. Noi invece lo teniamo tutti gli altri 364, e va a finire che quando sei vestito da pirla a carnevale alle grotte è l'unico momento in cui ti mostri per quel che sei veramente, senza più status symbol, classi sociali o clichè.

La mia generazione sta perdendo. E dentro la mia generazione c'è anche chi non sa quale sia la sua generazione, o che si sente di farne parte solamente in maniera marginale, quasi un prodotto di scarto, un'anomalia sistemica, che sputasentenze dall'alto di un blog e della sua cameretta al secondo piano, non prima di essere uscita fuori e aver visto ed analizzato una percentuale considerevole di stronzi della sua generazione.

E che ormai non c'ha più un cazzo da piangere.

2 commenti:

  1. Imperioso come un rutto in un teatro vuoto, spettacolo!

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  2. Complimenti come al solito, ciò che scrivi fa pensare, ma d'altra parte questo pezzo in particolare lo penso anche io..e arrivo a pensare che in molti la pensiamo così, ma molti stanno zitti e muti e accettano (lamentandosi immancabilmente) .....
    Dopo questa mia trafila di parole che sembrano buttate a caso ti saluto ;)
    Chiara.

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