venerdì 9 luglio 2010

Tutte le volte che io mi chiamo Mertesacker (puntata#1: il succo)

Se ci fosse un solo modo per tornare indietro, lo faresti?

Questa storia comincia molto tempo prima di ogni umano ricordo.

Questa storia ha il sapore del succo di frutta. Del succo di frutta aperto.
Bisogna prestare attenzione a quando si inizia a scrivere come Carlo Lucarelli - bisogna prestare attenzione ai succhi di frutta aperti.

Mi è sempre piaciuto, quando a casa degli altri, mi si diceva "se vuoi c'è del succo di frutta già aperto". Che bello. Che buono. Il succo di frutta aperto.
Che pace. Che ospitalità. Mi dava l'idea di entrare nell'intimo di quella casa. Mi si offriva del succo - il loro - già aperto. Come dire "ehi, l'abbiamo aperto per noi, ma ne diamo anche a te". Sei dei nostri, insomma.
Magari il succo non era buonissimo - già, era già aperto - ma era ospitale.

Casa mia non è mai stata così. Casa mia non è mai stata pronta per gli ospiti. Andava preparata.

Il succo non c'era mai. Figurati le birre.
Andava comprato prima. E poi aperto davanti all'ospite. Che si imbarazzava pure. "Aprite un succo per me? Addirittura?" - "Certo l'abbiamo comprato apposta!"
Che stava quasi a dire "se non venivi, evitavamo di dover andare a spendere dei soldi per comprarne uno".
Certo ok, che onore il succo nuovo. Ma quanto sapeva di finto... e di falso... un succo costruito, un succo che esisteva in casa solo perchè lui era ospite, un succo presente in una realtà alternativa, in una casa di finta perfezione di succhi di frutta sempre presenti e sempre pronti.
Una casa che non era nemmeno casa mia.
Non siamo mai stati bravi a ospitare la gente, a casa mia.

E poi già non avevamo i succhi, figurati le birre. Certo che le birre aperte...

"Se vuoi c'è una birra aperta..."
"Sto cazzo!"

(continua)


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