giovedì 31 luglio 2008

Amichevole pre interrail (ma tu lo sapevi che luglio ha 31 giorni?)

Non è la prima volta, non sarà l’ultima.
Sullo sfondo una festa universitaria… il 30 luglio? Mi sento come l’uomo sulla finestra di fronte. Sulla finestra? Ma sul davanzale, proprio?
La domanda è: sono io che sono troppo ambizioso, o sono gli altri che si accontentano di troppo poco? No perché, così a me non mi torna. Dico… ma come si fa?
Ho passato un piccolo pezzo di pomeriggio di fronte a 4-5 tubetti di gel diversi. A cercare di capire quale costasse di più o di meno, in quale ve ne fosse di più o di meno. Va detto che al bennet non sanno mettere i cartellini dei prezzi. Va detto che alla garnier, alla l’oreal, e alla taft, non sanno dare i nomi ai prodotti, e a fare dei packaging decenti che descrivano le caratteristiche.
E allora ci sono solo io, che mi metto a fare riflessioni sociologiche di marketing di fronte a uno scaffale.
Del tipo: probabilmente il comportamento della clientela di questi prodotti ricorda molto l’elettorato. Esiste quindi una fascia affezionata a un certo prodotto e a una certa marca. Si può solo far leva sugli indecisi, o lanciare un nuovo prodotto "rivoluzionario". Forse molte persone amano cambiare spesso il proprio gel e i propri capelli.
Io volevo solo del gel che tenesse, che non incollasse, e che avesse un buon rapporto-qualità prezzo. Forse chiedo troppo. Dovevo comprare la scatolina più bella, e basta. Si, allora è vero, ho troppe ambizioni.
Sono io che non sono capace, allora. Devo andare a fanculo, allora. Si. Sono io che sono uno sfigato. Si.
Perché non è possibile… che io non ci riesca. A circondarmi delle persone giuste. E in verità, in verità vi dico, è quello il segreto del successo. Non potrai mai seguire tutto di persona… dovrai sempre delegare qualcosa a qualcuno. E il segreto è scegliere le persone giuste.
E io non sono capace.
E allora niente…
C’è gente che si diverte qui ai piani alti, qui giù da basso un po’ meno, e abbiamo sempre paura di una paletta di troppo. Mannaggia.
Come fanno gli altri? Io non ci riesco.
Stavo pensando alla mia ragazza ideale… che non esiste. La mia ragazza ideale è quella che prende la mia ragazza ideale e la manda a fanculo senza aprire bocca, la mia ragazza è quella che mi mette a sedere come se fossi Gigi Buffon, senza che lei sia per forza Alena Seredova. Quella che riesce a intendersi con me, a essere sulla stessa lunghezza d’onda, che riesca a capirmi, che riesca a essere in sintonia, che riesca a guardare nella mia stessa direzione senza che stia guardando un culo e senza che lei sia Orsi (questa la capiamo solo io e Orsi, ma lui non è la mia ragazza ideale).
La mia ragazza è tutto questo e il contrario di questo.
La mia ragazza ideale ha i capelli lisci, perché di capelli del cazzo che non si pettinano ne ho già da basta dei miei.
La mia ragazza ideale ha almeno 18 anni, perché così vuole la legge, e ha le sue ragioni.
La mia ragazza ideale ha già la patente, perché ne ho già sentite da basta di persone che fanno le guide.
Stesso discorso vale per la maturità: la mia ragazza ideale ha finito le superiori.
La mia ragazza ideale ha la pelle bianca, ma mica perché sono razzista ("io? behn ma se stavo con una negra!") ma perché se me la devo immaginare me la immagino così.
Ma poi, alla fine, la mia ragazza ideale è quella che non è così.
…beh, si, e poi cosa vuoi, che ascolti pure i Bloc Party e gli Ok Go?
…no ti prego dimmi che non gli ascolta, ti prego dimmi di no, di prego di no, perché… perché è troppo, e basta…
Che poi, tornando a prima, potrebbero regalarmelo un cazzo di gel. Sorveglio tutti i cazzi di giorni 280 marchi diversi. Vuoi che non ce ne sia uno che faccia gel? No, c’è sicuro, so anche qual’è. Fa anche altri prodotti di bellezza che usate voi. E non me lo regalano?
No. Clienti spilorci? Anche… la verità è che i nostri clienti magari fanno dei regali, ma i regali si fermano nella sede del veneto… dove ci sono quelli che sanno fare i commerciali e trattare con i clienti… eh già… noi siamo solo degli impiegati di merda… e il gel ce lo dobbiamo comprare da soli.
Stessa cosa per il vino dei nostri clienti, per l’abbigliamento, e tante altre cose. Marx era un comunista di merda e aveva molti torti, ma certe cose le diceva giuste… non ha senso che uno lavori per qualcosa che poi non può neanche comprarsi. Vabbè, l’operaio della Lamborghini è un conto. Però, non ha nemmeno senso che io protegga un marchio, e poi me lo debba pure comprare. Senza neanche un cazzo di sconto.
E non mi piace lamentarmi del mio lavoro, nemmeno. Ho tanto lavoro impiegatizio da sbrigare, di quello brigoso e ripertitivo, di quei file da fare uno uguale all’altro… ma non mi piace lamentarmi, me lo sto scegliendo io. Posso licenziarmi quando voglio. Certo, non ho più un padre alle spalle che mi mantiene. Ma potrei trovarmi mille altri lavori. Se credo in me.
In che cosa credo? In poche cose, ormai, e ogni tanto anche in me.
Niente. Lo so. Quando ero ancora a meno otto esami dalla laurea, che sembra ieri, e sembra una vita fa, pensavo che l’interrail, il mio sogno post-laurea, dovesse passare anche da Stuart Mill. E dall’esame di Storia delle Istituzioni Politiche.
E piano piano è passato. Sembra passato in un attimo. E sai perché? Perché una volta che ti fai un anno e mezzo con la testa bassa sul maubrio, quando ti alzi e scopri che è finita dici "di già?". E lo sai perché? Perché ti sei dimenticato di tutto quello che hai sudato prima. Ma non è che non l’hai sudato, solo perché ora non lo ricordi più.
E ora il futuro passa da Valencia. Da Madrid. E da Cento. E da OpenOffice. Perché è da li che deve passare per forza. Perché è li che sto scrivendo. E da li uscirà il mio primo libro. Almeno, questa la volta, la tappa è molto più piacevole rispetto all’esame di Storia delle Istituzioni Politiche. Ma è da fare, e da vincere, e non è facile.
Perché… cos’ho da perdere? Cos’ho da perdere? Ho tutto, e niente, e quel tutto che ho non lo perderò certo per causa mia. Perchè chi mi ama mi segue. O al massimo mi aspetta. O forse, mi sta aspettando.
Classe 3°S, marzo 2001
Prof. Padovani: "… e allora, in quel momento, si sentirà il sentimento di una mancanza!"
Atti: "Prof, ma è il sentimento di una mancanza, o la mancanza di un sentimento?"
Prof. Padovani: "… allora… già mi giungono voci che io sia uguale a Marzullo… se poi mi fate queste domande…"
Però non avevo torto. Dopo 7 anni la domanda è la stessa. E’ il sentimento di una mancanza, o la mancanza di un sentimento?

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